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Farsi borghesia, l’ultima frontiera della camorra

Napoli, gli uomini-cerniera tra la camorra e la borghesia “normale”. I traffici di carburante, la contaminazione con l’imprenditoria nell’area grigia dell’economia

da Napoli, Chiara Pannullo

I bambini, le paranze dei bambini a Napoli, non sparano più, hanno deposto le armi, nell’interesse dell’aristocrazia camorrista che nella guerra delle gang di adolescenti, intanto consentiva alle famiglie di riorganizzarsi. «Belli guaglioni, vedete di apparare, altrimenti il problema adesso lo avete anche voi con noi». L’ultimatum è stato dato dall’emissario del clan Contini, rivolto ai baby boss delle paranze dei bambini che avevano compromesso l’armonia criminale della città. I capo-bastoni, irritati da soldatini insolenti e senza una strategia di lungo termine, hanno mandato loro un messaggio chiaro: cessate il fuoco, altrimenti noi, i Contini e quindi l’Alleanza di Secondigliano, rischiamo di essere il più vostro grande problema. E invece, con questo intervento come gli atti dell’indagine riportano, “hanno fatto pace”.

Tra i fautori della pax augustea in campo criminale, abbiamo dunque il capostipite Edoardo Contini, detto ” ‘o Romano”. E risale a qualche anno fa l’inchiesta che ha ricostruito le vicende dell’impero economico della famiglia dell’Alleanza di Secondigliano. Per ordine della magistratura furono sequestrate decine di ristoranti e locali alla moda. Tra questi la nota catena “Pizza Ciro”, luogo di ritrovo nel centro di Roma di politici, ministri e i personaggi più in vista nella Capitale. E a proposito di uomini cerniera, una menzione speciale non può che riguardare i fratelli Esposito, conosciutissimi personaggi della movida napoletana, sono amici di molti calciatori del Napoli: da Gonzalo Higuain, a Paolo Cannavaro al portiere, oggi in dotazione al Milan, Peppe Reina. La procura li ha delineati quali facoltosi imprenditori attigui all’organizzazione criminale. Nelle intercettazioni, uno di loro è stato definito il più “importante discotecaro della città”. Tant’è che tra le società finite sotto sequestro, troviamo alla discoteca Club Partenope, locale in voga di Napoli tra le ville di Posillipo.

Nel club erano di casa le stelle del calcio e i rampolli della borghesia napoletana. Un investimento dunque, che era nel frattempo diventato anche il salotto dove dialogare con i notabili della città. La discoteca incassava almeno 140.000 euro a serata. ll vero business che però ha più reso ai fratelli Esposito, sono i giocattoli. Tale marchio si è costruito una nicchia di tutto rispetto nel mercato. Approvvigionano infatti i negozi in Italia e all’estero ma la vera rivelazione arriva da un sito di merchandising del Napoli calcio che evidenzia un dettaglio importante: «La Linea Poggio giocattoli (marchio di proprietà degli Esposito, ndr), è sponsor ufficiale della società sportiva Calcio Napoli». Imprenditori conosciuti e riconosciuti, amati, perfettamente a proprio agio nel salotto buono della città, che evidentemente si dà più pena dell’imperversare delle baby gang che dei camorristi inamidati in vestiti eleganti. Per quanto riguarda però il vero denaro sonante, oltre ai rodati e vecchi traffici quali la droga, le armi e la prostituzione, una fonte di affari, attualmente misconosciuta ma che è molto ghiotta, negli scali commerciali e per il Cartello di Secondigliano e per l’élite criminale di Napoli e provincia, è il carburante illegale, che arriva dall’estero, di qualità estremamente scarsa ma molto economico. E che spesso viene commercializzato indisturbato alle pompe di benzina di proprietà degli imprenditori collusi con il Sistema.

Non è solo un sospetto. Se tale commercio ha il suo centro nevralgico a Napoli, l’origine è all’estero ma attraversa il Centro Italia e giunge al e Nord, dove c’è già stato qualche arresto. La rete, fatta di contatti e rapporti e connivenze pare si avvalga di una strategia ampia, con una regia criminale estremamente organizzata ed intelligente. La maggior parte delle sedi si trovano a Malta, altre nell’Est Europa. L’isola del Mediterraneo fa da ponte per l’Europa del petrolio libico di contrabbando, tant’è che la giornalista maltese assassinata, Daphne Caruana Galizia, aveva compreso l’entità e la portata dell’affare. Le società invece, di capitale sociale all’Est, hanno la copertura per importare il petrolio da Iraq e Siria. Una volta in Italia, la merce, viene raccolta in depositi del napoletano. Il traffico riguarda tutta Italia. L’evasione delle accise ammonta a centinaia di milioni di euro. Il giro d’affari per queste famiglie è da capogiro ed è quasi a rischio zero, certo meno del traffico di droga. Si può dunque considerare l’ultima frontiera della camorra. Con un ruolo rilevante che include professionisti, e personaggi di mediazione tra il riciclaggio, le nuove frontiere di investimento e i clan.

La domanda, che per quanto mi riguarda suona ridondante e che voglio rivolgere ugualmente è la seguente: è possibile credere ad un ruolo espansivo della camorra nell’economia della città in mancanza di un campo così esteso di economia illegale “non criminale”? Quando la camorra diventa imprenditrice e la camorra è imprenditrice, vuol dire che ha trovato la disponibilità di investitori e professionisti e la condivisione di un terreno ampio e connivente di illegalità economica – direbbero gli analisti riformisti – o piuttosto, dalla riflessione che per me ne viene conseguente, la possibilità di trarre guadagno e profitto nell’utilizzo e nella proprietà dei mezzi di produzione, tipica della borghesia economica. E il mistero di Parigi, è la solita drammatica farsa di una verità che gronda sangue e si definisce la messa a rendita del profitto di cui il capitalismo ne assume tutte le facce e forme. Anche quelle che ne contrastano – fin quando è possibile non venirne a patti e confondersi – il potere giudiziario.

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