PaP si spacca alla vigilia del voto sullo statuto. I promotori della seconda proposta lamentano la censura sul sito ufficiale: non ci sono condizioni per votare
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la mancata pubblicazione sul sito ufficiale di Potere al Popolo testo di accompagnamento dello statuto 2. I promotori della proposta alternativa a quella di Je so’ pazz, Cremaschi e Rete dei comunisti hanno deciso di ritirarsi dalla gara. L’annuncio è stato dato dai membri del coordinamento nazionale che fanno riferimento all’area dell’Altra Europa e di buona parte di Rifondazione comunista. Il documento, integrale in fondo all’articolo, è firmato da Marina Boscaino, Maurizio Acerbo, Enzo Di Salvatore, Paolo Ferrero, Roberto Morea, Roberto Musacchio, Vincenzo Riccio, Ivan Cazzaniga (Milano), Francesco Campolongo (Cosenza), Dino Greco (Brescia), Pino Rando (Genova): «Oggi è stata rifiutata la pubblicazione sul sito del testo di presentazione allo “Statuto per tutte e tutti”, creando una evidente e inaccettabile condizione di disparità tra i due statuti di fronte alle/gli aderenti: il primo statuto aveva da tempo pubblicato, abusando ancora una volta del monopolio sulla gestione di sito e pagine social». Lanciandolo sulla sua bacheca, Maurizio Acerbo lo accompagna con una citazione decurtisiana: Maurizio Acerbo “Ogni limite ha una pazienza”.
Fin dai primi passi dell’esperienza di PaP, l’ex Opg non ha mai permesso che sui mezzi di comunicazione di Potere al popolo comparissero contributi che incrinassero la “PaP fiction”, la narrazione che doveva condurre alla proclamazione dell’ennesimo partito. L’accesso a social, sito e newsletter è sempre stato nelle mani dei napoletani di Jsp, «a garanzia», hanno sempre detto. Così, a colpi di proclami unilaterali durante assemblee e campeggi che in teoria non avrebbero dovuto decidere nulla, s’è giunti a tappe forzate all’attivazione di una piattaforma web, alla campagna di adesioni (che s’è conclusa il 30 settembre con 9mila iscrizioni) e alla vigilia del voto su due statuti (oltre che alla convocazione di una manifestazione nazionale, il 20 ottobre, di concerto con Usb senza consultare il coordinamento nazionale). Nel frattempo, PaP ha perso dei pezzi per strada a partire da un centro sociale di Imperia, la Talpa e l’Orologio, il Pci di Mauro Alboresi, Sinistra Anticapitalista (qui per leggere le loro motivazioni) fino a un settore di Rifondazione comunista che, proprio domani, darà vita a un’assemblea di “autoconvocati” scettici o delusi da PaP.
Fin dall’inizio la narrazione prevedeva la contrapposizione tra nuovo che avanza e vecchia politica, giovani entusiasti e burocrati matusa, più lugubre ancora nella versione morti contro vivi, o l’evergreen “puri” contro “tromboni della vecchia politica”. Da qui i toni sprezzanti nei confronti dei dissidenti in un dibattito che, di fatto, non s’è mai dispiegato davvero anche se i pomi della discordia si intravedono da tempo: il quarto polo, ad esempio, la collocazione europea, la relazione con quello che c’è fuori dal recinto di PaP. Fino alla riesumazione della categoria del «nemico interno». «Tutte cose già miseramente viste», aveva detto in agosto l’eurodeputata Eleonora Forenza in polemica con Salvatore Prinzi, leader dell’ex Opg. Anche le espressioni delle assemblee locali non in sintonia con l’ex Opg, o gli articoli non in linea sui temi caldi (Venezuela, Nicaragua, Euro) sono stati ignorati dai profili ufficiali di Pap e duramente stigmatizzati nella comunicazione informale.
Così si è arrivati al voto sugli statuti dopo una settimana di fuoco in cui è stato bocciato l’ultimo tentativo di mediazione per arrivare a un’unica proposta di statuto emendabile e, infine, censurata la premessa alla seconda proposta di statuto. «Ora come ora non sembra ci possano essere le condizioni per votare in maniera democratica», dice anche Eleonora Forenza, eurodeputata del Prc. Sulla questione dello statuto si gioca la natura di PaP condensabile nel dilemma partito o movimento. Il primo punta a modificare geneticamente la coalizione tramutandola in un’organizzazione indipendente da quelle che hanno dato vita a PaP, l’altro prova a conservarne le caratteristiche originarie compresa la regola del consenso, fissando a 2/3 piuttosto che al 50%+1 il quorum per le votazioni. Nel preambolo dello Statuto 1, “Indietro non si torna”, è scomparso ogni riferimento al manifesto politico fondativo sostituito dalla formulazione: “un movimento di donne e uomini, giovani e anziani, di studenti e pensionati, di disoccupate e disoccupati, di lavoratrici e lavoratori, di immigrati ed emigranti che si impegna ogni giorno per trasformare questa società”. Il secondo statuto insiste sulla caratteristica di PaP come un movimento “che coinvolga partiti, reti e organizzazioni della sinistra sociale e politica, antiliberista e anticapitalista, comunista, socialista, ambientalista, femminista, laica, pacifista, libertaria, meridionalista che in questi anni sono stati all’opposizione e non si sono arresi”. Secondo Marina Boscaino, non iscritta a partiti e sostenitrice della seconda proposta, l’alternativa è tra «un movimento politico e sociale organizzato, popolare e dal basso» e «un partitino verticista chiuso e di mera propaganda».
Che cosa accadrà ora? Si riuscirà a trovare un accordo in extremis? E se non succederà, sarà possibile trovare modalità di lavoro unitario su campagne, come quella per le nazionalizzazioni, o per la costruzione di un’opposizione sociale e politica a questo governo, totalmente alternativa al Pd? Queste le domande a cui trovare risposte senza anatemi, se possibile, senza le antinomie che hanno narrato finora la costruzione di PaP.
POTERE AL POPOLO: PERCHE’ RITIRIAMO LO STATUTO E NON PARTECIPIAMO AL VOTO
Oggi è stata rifiutata la pubblicazione sul sito del testo di presentazione allo “Statuto per tutte e tutti”, creando una evidente e inaccettabile condizione di disparità tra i due statuti di fronte alle/gli aderenti: il primo statuto aveva da tempo pubblicato, abusando ancora una volta del monopolio sulla gestione di sito e pagine social. Inoltre sul sito vi è, poi, una ricostruzione falsa del coordinamento di lunedì scorso, che attribuisce a noi – che abbiamo sempre chiesto di poter votare su un solo statuto emendabile – la responsabilità di andare al voto su due statuti contrapposti. E’ davvero troppo.
In qualità di firmatari/e del secondo statuto, pertanto, comunichiamo la nostra decisione di ritirarlo e di non partecipare a una consultazione on line per la quale mancano i requisiti minimi di agibilità democratica. Non bastava aver imposta una votazione assurda su statuti contrapposti, rifiutando di far esprimere le/gli aderenti sulla modalità di voto, come noi avevamo proposto. Non bastava aver rifiutato un breve differimento della data del voto; si procede senza tenere conto che migliaia di persone non riescono ancora a padroneggiare la piattaforma, alcune nemmeno ad entrarci, e che non si conoscono le regole che presidierebbero alla definizione del risultato del voto.
La pazienza unitaria ha un limite. Di fronte a questi scelte non possiamo che prendere atto che non vi sono le condizioni per una consultazione informata, seria, autenticamente democratica. Invitiamo le compagne e i compagni di quella che si è configurata come la “maggioranza” del coordinamento a rinviare la consultazione on line e a concordare una convocazione del coordinamento stesso per ristabilire un quadro di regole condivise. Invitiamo le compagne e i compagni che come noi si riconoscono nel Manifesto fondativo di Potere al popolo! a non partecipare alla votazione che inizia domani.
La premessa allo statuto2 censurata
Questo è il testo della premessa allo statuto2 che non è stata pubblicata sul sito di Potere al popolo! con argomentazioni che dimostrano una scarsa dimestichezza con la democrazia. Non si era mai visto che qualcuno decida di sindacare i contenuti di un testo presentato da altri in alternativa al suo. E che quindi ne neghi la pubblicazione. La democrazia è una cosa seria. Buona lettura.
Pap: una contrapposizione sbagliata, da correggere scegliendo la regola del consenso
Premessa a chi legge
Una premessa: ci sembra evidente che, nel gioco delle parti, si sta tentando di creare una contrapposizione netta tra buoni e cattivi, giovani e vecchi, moderni e antichi, movimenti e partiti.
Non abbiamo intenzione di partecipare a questa liturgia, peraltro abusata; siamo in grado di comprendere complessità della situazione, valore e meriti degli avversari, responsabilità da assumere rispetto alla situazione in cui siamo. Siamo doverosamente interessati a riattivare un dibattito che esca dalla attuale fase, caratterizzata da una contesa senza esclusione di colpi. E’ poco edificante per tutti noi; ma lo è soprattutto per le/i 9mila che hanno aderito al progetto e per le/gli oltre 300mila che ci hanno votati in marzo.
La posta in gioco è chiara: la sopravvivenza e la crescita di Pap come – secondo quanto affermato dal manifesto – espressione di un “movimento di lavoratrici e lavoratori, di giovani, disoccupati e pensionati, di competenze messe al servizio della comunità, di persone impegnate in associazioni, comitati territoriali, esperienze civiche, di attivisti e militanti, che coinvolga partiti, reti e organizzazioni della sinistra sociale e politica, antiliberista e anticapitalista, comunista, socialista, ambientalista, femminista, laica, pacifista, libertaria, meridionalista che in questi anni sono stati all’opposizione e non si sono arresi”, dove ciascuno si senta a casa. O trasformarlo in altro: una formazione egemonizzata da una maggioranza – qualsiasi essa sia – che – acquisito il 50+1% – assume contemporaneamente un controllo pressoché totale della direzione politica, delle scelte, delle cariche. In cui partecipare fisicamente alla socializzazione della politica e alla politicizzazione del sociale o farlo con un click su una piattaforma rappresenta una variabile ininfluente.
Non eravamo partiti così. E non è casuale che contraddizioni – che al momento sembrano insuperabili – siano emerse proprio sul tema dello statuto: il sistema delle regole della democrazia.
La costruzione del consenso
Pap ha funzionato in questi mesi in larga parte attraverso la regola del consenso, discutendo e trovando la strada tutti e tutte insieme. In questo modo abbiamo composto le liste elettorali, il programma, deciso le iniziative politiche e di mobilitazione di cui siamo stati protagonisti in questi mesi.
La vita delle assemblee territoriali, quando hanno funzionato bene, è stata caratterizzata dalla stessa attenzione alla costruzione comune: si parte insieme e si arriva insieme.
Su questa base abbiamo fatto l’assemblea nazionale di Napoli, che ha varato un documento politico unitario e che ha lanciato la proposta delle adesioni individuali e la piattaforma informatica, impostata anch’essa per funzionare con il principio del consenso.
Anche l’adozione della piattaforma liquid feedback era stata pensata e voluta proprio perché funzionale per sua natura a un soggetto politico e sociale che si basi sulla ricerca e sulla costruzione della convergenza sulla proposta con maggior consenso.
Quando è cominciata la discussione sullo statuto il clima invece ha cominciato ad avvelenarsi, perché dalla costruzione del consenso si è passati alla logica della conta interna.
In questo quadro il coordinamento nazionale ha deciso a maggioranza che, invece di avere una discussione su un unico statuto emendabile, si arrivasse – nel caso in cui i punti di differenza fossero più di due – alla votazione contrapposta su statuti diversi.
Abbiamo contrastato quella scelta divisiva e abbiamo proposto di avere una sola proposta di statuto emendabile, in modo che tutti i compagni e le compagne aderenti potessero votare su ogni singolo emendamento. In questo modo non si sarebbero create contrapposizioni, ma si sarebbe costruito lo statuto tutti insieme, in modo partecipato.
Questa strada è stata proposta anche da molte assemblee territoriali, che hanno considerato
sbagliata questa conta che rischia di creare pesanti fratture nel movimento.
Il coordinamento di lunedì 1
Per questo nell’ultima riunione del Coordinamento di lunedì 1 ottobre abbiamo proposto tre cose:
– In primo luogo che il modo in cui si votano gli statuti (se su un unico o su più) venisse deciso direttamente da tutte e tutti gli aderenti sulla piattaforma.
– In secondo luogo di spostare di una settimana il voto, in modo da permettere a tutte/i coloro che hanno aderito di ricevere le conferme delle adesioni e poter impratichirsi con la piattaforma informatica. Moltissimi aderenti non hanno ancora ricevuto alcun riscontro dell’adesione e si rischia un gran pasticcio.
– In terzo luogo abbiamo proposto che il coordinamento riconsiderasse la possibilità di votare su un solo statuto emendabile, rivedendo la decisione assunta a maggioranza di andare a votare su più statuti in contrapposizione, qualora vi fossero stati più di due emendamenti.
Tutte queste proposte sono state dunque respinte; e così la maggioranza del coordinamento provvisorio ha deciso di portare Pap ad una conta che non è certo utile né tantomeno necessaria.
Una decisione sbagliata come quella di dire no ad un solo statuto costruito ed emendabile da tutte e tutti porta – di conseguenza – ad un uso distorto della piattaforma, che – da strumento di negoziazione e avvicinamento al consenso quale era – viene piegata ad una logica referendaria, che ne snatura (anche grazie al complicato incrocio di variabili prevedibili nella registrazione e ratifica degli esisti del voto) la funzione. Precludendo, peraltro, la possibilità – prevista nel nostro statuto emendato – di scegliere su opzioni alternative su singoli punti. Ci impegniamo, peraltro, sin da ora a valorizzare politicamente, qualora dovesse prevalere il consenso sullo statuto 2, la possibilità di
valorizzare politicamente tale importante opportunità.
La redazione di Uno statuto per tutte e tutti
Dopo averle provate tutte per evitare la contrapposizione e visto che i punti fondamentali che avevamo posto non sono stati recepiti, abbiamo riformulato lo statuto 2 “uno statuto di tutti e tutte”, modificandolo alla luce delle proposte che sono emerse dalle assemblee territoriali.
Abbiamo accentuato il ruolo fondamentale delle assemblee territoriali e la valorizzazione del tessuto militante che le anima. L’assemblea nazionale viene così formata da delegati eletti appositamente da ogni assemblea, senza alcun filtro intermedio e permettendo alle assemblee territoriali di discutere prima gli argomenti all’ordine del giorno. Questo modello consiliare mai esperimentato in Italia è affiancato dal ricorso alla piattaforma con il coinvolgimento di tutte e tutti gli aderenti nel rifiuto netto di ogni logica presidenzialista nell’elezione dei portavoce. Il tutto in un
quadro di rispetto democratico delle diverse posizioni e di ricerca del consenso come metodo di funzionamento: per evitare quelle spaccature che tanti danni hanno fatto negli ultimi decenni.
Conclusioni
Se questa consultazione sullo statuto avesse adottato la regola dei 2/3 che noi proponiamo per le principali decisioni politiche, non ci troveremmo in questa deleteria contrapposizione.
Perché un movimento politico e sociale come Potere al Popolo, che ha l’ambizione di aggregare il complesso delle lotte e delle forze antiliberiste ed anticapitaliste, deve avere una attitudine inclusiva e non basata sulle contrapposizioni interne.