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AIDS in Africa. Morti di un virus “minore”

In Africa l’interruzione dei servizi sanitari di lotta all’AIDS, dovuta alle misure contro il Covid-19, sta mettendo a rischio la vita di centinaia di migliaia di persone

di Marina Zenobio

Già dal 2010 le campagne di prevenzione e cura erano riuscite a contenere il l’espansione del’AIDS nei Paesi africani, ma l’interruzione dei servizi di assistenza sanitaria, dovuta alle misure contro il nuovo coronavirus, sta mettendo a rischio la vita di centinaia di migliaia di persone.
Ad affermarlo è l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), secondo cui “l’interruzione dei servizi sanitari nel bel mezzo della pandemia da Covid-19 sta influenzando i trattamento a favore dei malati di AIDS in Africa”.

È un campanello d’allarme per tutti i Paesi che devono trovare il modo di sostenere e mantenere i servizi sanitari vitali anche per altre importanti malattie. “La terribile prospettiva di avere mezzo milione in più di persone che in Africa, a causa di malattie legate dell’Aids, stanno morendo o moriranno, è un ritorno al passato”, ha dichiarato a Ginevra Tedros Ashanom Ghebreyesus, direttore generale dell’OMS.

Nell’Africa sub-sahariana, secondo le stime dell’agenzia, nel 2018 c’erano 25,7 milioni di persone sieropositive, di queste il 64 per cento – 16,4 milioni di pazienti – riceveva un trattamento antiretrovirale. Ciò nonostante nel 2018 circa 470 mila persone sono morte per cause legate all’AIDS.

Le interruzioni dei servizi sanitari e delle forniture provocate dell’attuale campagna contro il nuovo coronavirus – anche se solo per sei mesi, secondo i modelli studiati dall’OMS -, potrebbero portare alla morte altre 500 mila persone, sia nel 2020 che nel 2021, un milione di morti tutti legate a malattie collegate all’AIDS. Numeri che segnerebbero una battuta d’arresto tornando al 2008, quando nella regione si registrarono 950 mila decessi per AIDS e malattie collegate, come la tubercolosi.

Le interruzioni del trattamento possono essere dovute alla chiusura dei servizi HIV, o all’impossibilità di fornire farmaci antiretrovirali quando le catene di fornitura vengono tagliate, o più semplicemente al fatto di dover partecipare alla campagna contro il Covid-19 in contemporanea.

Nell’Africa subsahariana, le infezioni da HIV nei bambini sono diminuite del 43 per cento, da 250.000 nel 2010 a 140.000 nel 2018, questo grazie all’aumento dei servizi materno-infantili, ma le interruzioni di sei mesi possono aumentare del 78 per cento in Malawi o in Zimbabwe, e fino al 104 per cento in Uganda.

La campagna contro la pandemia in corso “non dovrebbe essere una scusa per distogliere investimenti destinate all’HIV, perché il diritto alla salute significa che nessuna malattia deve essere combattuta a spese di un’altra”, ha affermato Winnie Byanyima, direttore esecutivo dell’UNAIDS, l’agenzia delle Nazioni Unite contro l’AIDS.

L’OMS insiste sulla necessità di garantire che i servizi di prevenzione e trattamento dell’HIV siano in grado di contenere la mortalità causata anche da questo virus, e che l’infezione non aumenti proprio durante la pandemia di Covid-19.

Una misura specifica raccomandata è che il trattamento antiretrovirale sia fornito ai pazienti per diversi mesi, così da ridurre la necessità di visite di routine presso le strutture sanitarie e di conseguenza l’onere su sistemi sanitari sovraccarichi.

“Esorto i governi a garantire che tutti gli uomini, le donne e i bambini affetti da HIV ricevano una regolare fornitura di trattamenti antiretrovirali, unica loro ancora di salvezza. Non possiamo stare a guardare mentre centinaia di migliaia di persone, molte delle quali giovani, muoiono per mancanza dei farmaci”, ha concluso Byanyima.

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