8.2 C
Rome
lunedì, Novembre 25, 2024
8.2 C
Rome
lunedì, Novembre 25, 2024
HomemalapoliziaE' la paura del gendarme a fare il gendarme

E’ la paura del gendarme a fare il gendarme

Perché abbiamo paura della polizia. E perché dobbiamo superare questa paura

da un sito di movimento di Rouen abbiamo tradotto questa riflessione: la police brutality e l’approccio razzista della polizia hanno radici profonde in Francia e si sono inaspriti dalla proclamazione dell’etat d’urgence e poi con Macron.

“Ci sono momenti in cui mi sento sola
Ci sono momenti in cui ho paura della mia faccia.
Il mio volto straniero
“La mia faccia che non sa dove andare”.
Camélia Jordana, My Face, 2014.

#MoiAussiJaiPeurDevantLaPolice (Anch’io, ho paura davanti alla polizia, ndr).
Le coraggiose dichiarazioni della cantante Camélia Jordana e la patetica reazione di Castaner sono state accompagnate da una forte emozione. In linea con il suo ruolo, quest’ultimo è venuto in appoggio alla polizia e si è schierato con i suoi sindacati di estrema destra come ha fatto mille volte in passato. Risultato: oltre 50.000 tweet per l’hashtag #MoiAussiJaiPeurDevantLaPolice dove ognuno ricorda la sua esperienza traumatica, le molteplici cadute, le odiose brutalità, le ripetute mutilazioni quando non è semplicemente la morte e il crimine sempre impuniti.

Questo caso rivela ancora una volta la frattura che oppone la polizia e una parte della popolazione: quella che nasce dalla colonizzazione e che è oggetto di particolari violenze di Stato nei quartieri popolari, ma anche gli zadistes (le Zad sono le Zone a defendre, liberate, autogestite, ndr) che si inventano una vita combattendo contro il deserto che avanza e i manifestanti che costituiscono una minaccia un po’ troppo vivace per il potere, i giubbotti gialli ne sono l’esempio più recente. Sempre più di noi hanno paura della polizia, e di conseguenza odiano la polizia e il potere che la detiene solo.

La polizia opera naturalmente nella paura. E’ nel suo stesso principio terroristico

Una tale affermazione, tuttavia, è evidente ed è coerente con l’esperienza più immediata di centinaia di migliaia di persone. La vecchia “paura del gendarme” è costitutiva del gendarme stesso. La violenza in azione è ancora violenza in potenziale. La forza che viene esercitata produce allo stesso tempo la paura di quella forza. Questo è, inoltre, uno dei suoi obiettivi. Non c’è autorità senza una marcatura efficace dei corpi e una penetrazione emotiva delle menti: lo schiaffo, il bastone o la LBD (“lanciatore di palle di difesa”, lanceur de balles de défens, noto più comunemente come flash-ball, ndr) producono inevitabilmente un sentimento di paura. E ogni governo sa che sono le anime che devono essere governate per prime.

La vera funzione politica della polizia è quella di mantenere l’ordine (ineguale nella sua essenza) e di reprimere ciò che la mette in discussione. Funziona naturalmente con la paura. È nel suo stesso principio di terrorismo. “Mutilarne uno per terrorizzarne cento; o cento per terrorizzarne diecimila”, è la logica che sta alla base delle mutilazioni ripetute, per esempio. Per reprimere e terrorizzare con lo stesso gesto. La paura è in definitiva uno dei modi di governare.

È stata la paura della polizia a uccidere Zied e Bouna.

Ecco perché molti di loro scappano dalla polizia. Non che abbiano qualcosa da rimproverarsi. A parte il fatto che sono un po’ troppo scuri e che hanno subito molte umiliazioni. È stata la paura della polizia a far correre Zied e Bouna e a portarli a rifugiarsi in un trasformatore EDF. E’ stata anche la polizia a uccidere Salom e Matisse, che sono stati investiti a morte da un treno: “E’ stato molto veloce, tra i tre e i cinque minuti. Eravamo seduti in centro, sei di loro sono entrati in uniforme con il manganello. Sono corsi verso di noi, volevano prenderci. Ci siamo spaventati e siamo scappati”. Perché avevano paura? Sono loro che ci colpiscono sempre, per niente”, spiega Aurélien, che si è ferito al bacino e al viso e che ha dovuto usare una sedia a rotelle. Non volevamo essere colpiti di nuovo.
Paura del controllo. Paura della Bac, la Brigata anticriminalità. Paura di essere picchiati e insultati, e un oltraggio se lo si rimanda un po’ troppo indietro. Alcuni non esitano a saltare in acqua come quell’adolescente di Quimper. Questo la dice lunga sulla paura che la polizia suscita.

Credere di essere al sicuro dalla polizia è pericoloso.

È che spesso la paura della polizia può essere un salvavita. Molti di coloro che sono stati feriti o picchiati non sono stati abbastanza sospettosi. Un sacco di gilet gialli mutilati ne sono la prova. Sono stati sorpresi da scontri e hanno cercato di uscirne avvicinandosi alla polizia nel modo più pacifico possibile. Credere ingenuamente che non si abbia nulla da temere davanti alla polizia è estremamente pericoloso. E che dire di coloro che hanno perso una mano o un occhio perché sono andati a dimostrare. Come possiamo immaginare per un momento che la polizia utilizzi tali armi? O che siano capaci di tale violenza. Non avere paura della polizia è in realtà troppo poco frequente.

 

Chi dirà anche la paura dei genitori? E come non avvertire i propri figli nel modo più chiaro possibile della minaccia assoluta rappresentata dalla polizia, anche se ciò significa diventare un vettore inconscio di questa paura. Non c’è motivo di credere che si sia al sicuro in loro presenza. Al contrario, è richiesta la massima cautela. Sappiamo che basta spingere un bidone della spazzatura davanti a un liceo per essere accecati da una flashball. Si può anche finire letteralmente con la testa fracassata, come Maria, la diciannovenne marsigliese; o finire sotto la custodia della polizia e non uscirne mai vivo, come Wissam El-Yamni o Adama (per il quale ieri, a Parigi, sono scese in piazza migliaia di persone, ndr), per citarne solo alcuni.
A volte la paura della polizia non funziona più. I corpi resistenti si ribellano alla polizia.
Eppure, anche se il terrore è permanente, non basta mettere a tacere i corpi per sempre. Il sogno di qualsiasi forza di polizia sarebbe quello di terrorizzarci fino alla sottomissione permanente. Dovremmo lasciarci insultare, picchiare, reprimere senza batter ciglio. Ma come possiamo rimanere passivi di fronte alla violenza che abbiamo subito? A volte la paura della polizia non funziona più. Sono i corpi resistenti che poi si alzano in piedi. Risposte, colpi, una bella battaglia, una rivolta, una sommossa, una rivolta. Non mancano le situazioni in cui l’ostacolo della polizia viene messo in discussione o addirittura superato. Se l’ordine regna troppo spesso, non riesce a regnare per sempre. Allora la paura cambia direzione.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Ultimi articoli

Licia Pinelli: un’assenza, una presenza

Poi, non l'ho più sentita, non volevo disturbarla. Sai come vanno queste cose... si rimanda sempre... E così arriva il primo 15 dicembre senza di lei Era la fine del 1997. In Piazza Fontana non c'ero mai stato. Ti sembrerà strano, considerando quanto quella strage e il caso Pinelli siano stati importanti nella mia vita, quanti articoli e fumetti ho scritto su quei fatti, ma è proprio così. Milano la evito, se posso. Torno alla fine del 1997, a un giorno in cui per questioni personali Milano non posso evitarla. E passo in Piazza Fontana. Nel giardinetto vedo la targa che ricorda Giuseppe (Pino) Pinelli. L'unica, all'epoca, e per me sarebbe rimasta in seguito l'unica che conta. Noto con piacere che c’è ancora gente che depone dei fiori, vicino, e il mio pensiero segue traiettorie oblique, con cui non voglio...

Camminare, vedere, raccontare

I viaggi "in bianco e nero" di Ivo Saglietti, fotoreporter, nella mostra in corso al Palazzo Grillo di Genova

Lo squadrismo dei tifosi israeliani e il pogrom immaginario

Violenza ad Amsterdam: i fatti dietro le mistificazioni e le manipolazioni politiche e mediatiche [Gwenaelle Lenoir]

Ferrarotti è morto e forse la sociologia non si sente troppo bene

Vita e opere dell'uomo, morto il 13 novembre a 98 anni, che ha portato la sociologia in Italia sfidando (e battendo) i pregiudizi crociani

Un Acropoli che attraversa una città, recitando

A Genova va in scena, per la quindicesima edizione, il Festival di Teatro Akropolis Testimonianze ricerca azioni