16.5 C
Rome
mercoledì, Dicembre 18, 2024
16.5 C
Rome
mercoledì, Dicembre 18, 2024
Homequotidiano movimentoBlack lives matter. Chi sono i neri italiani scesi in piazza

Black lives matter. Chi sono i neri italiani scesi in piazza

Black lives matter. Le storie dei partecipanti alla manifestazione di Roma (Eleonora Camilli © Copyright Redattore Sociale)

Le storie dei partecipanti alla manifestazione di Roma. A infiammare i presenti le parole di Stella Jean, stilista: “Iniziamo da quello che succede ai nostri figli, dall’indifferenza a chilometro zero”. Haroun Herry Fall (attore): “Italia indietro, è ora di una riforma della cittadinanza”

ROMA – “Iniziate da casa nostra, iniziate da qui: da quello che succede ai nostri figli tutti i santi giorni, dall’indifferenza a chilometro zero. Prima di dare lezioni agli americani su cos’è la civiltà, iniziate da qui”. Lo ha urlato a una piazza del Popolo gremita a Roma per l’omaggio di ieri a George Floyd, Stella Jean, stilista, la prima nera riconosciuta in Italia. Costituzione tra le mani, lo sguardo fiero e deciso, ha infiammato la manifestazione di Roma, leggendo l’articolo 3 della Carta costituzionale e ricordando ai moltissimi giovani presenti i sacrifici dei padri costituenti. Ad applaudire oltre tremila persone: tanti ragazzi giovanissimi, tra cui una parte consistente di seconda generazione. Per tutta la mattinata hanno scandito slogan, urlato i nomi delle tante persone uccise dalla polizia in questi anni, al grido di “say their names”. E alternato interventi per chiedere non solo il rispetto dei diritti di tutti ma anche una nuova stagione di battaglie contro la discriminazione razziale in Italia.

Jean un volto noto delle passerelle di tutto il mondo: ha lavorato al fianco di Giorgio Armani e collabora con la firma delle calzature più amate, Christian Loubutin.  “Non amo la ribalta  – ripete – ma la decisione di scendere in piazza è stata una scelta obbligata. Non posso vedere mia figlia che subisce le stesse aggressioni e minacce  che ho subito io trent’anni fa, siamo ancora lì”.

Madre di Haiti, padre italiano, Stella ha portato l’incontro di culture nella sua linea di moda che firma come “Laboratorio delle nazioni” . “Non ho avuto alternativa a manifestare, così come non ho avuto alternativa a diventare coraggiosa, dall’età di sette anni, per mostrarmi forte e indossare la tuta da superoe, per gestire insulti e mortificazioni – afferma -. Ho imparato a leggere alla stessa età in cui ho imparato ad addomesticare il dolore, perché non trasparissero mai le mie ferite e per non dare soddisfazione ai miei aguzzini”.  Stella è la prima stilista nera membro della Camera della Moda Italiana: “a febbraio in occasione della Milan Fashion Week, in tempi non sospetti, ho deciso per la prima volta di non sfilare. Sulla scia degli ultimi inaccettabili eventi a matrice razziale in aumento nel nostro paese – racconta -. Mi sono trovata ancora una volta di fronte ad una storia che conosco fin troppo bene, e non ho potuto rimanere in silenzio e sfilare come se nulla fosse . Ho invece creato la campagna sociale: ‘Italians in Becoming –  Abbiamo fatto l’Italia, ora facciamo gli Italiani’. Ho bussato a tantissime porte per chiedere sostegno, aiuto e condivisione. Molti non si sono neanche presi il disturbo di rispondermi, ma tra i pochi che in Italia hanno risposto immediatamente e lontano dai riflettori c’è l’Unar l’Ufficio nazionale antidiscriminazione razziale e Vogue Italia”.

La stilista fa parte della generazione che ha segnare il tracciato e ha portato il pesante testimone della  nuova Italia multiculturale. “Unica nera nel mio quartiere, unica nera nella mia scuola – spiega a Redattore Sociale – Avrei volentieri e a più riprese fatto a meno di questa incombenza pionieristica. Questa condizione in bilico tra due radici forti, indomite e dolorose, italiana e haitiana ha creato in me da bambina un avamposto di vulnerabilità, dove mi era negata a priori la semplice esplorazione spensierata del mondo, ma mi sono trovata precocemente catapultata nel dovere calcolare , prima ancora d’imparare a contare, le conseguenze di ogni mia azione. Ciò significa stare perennemente di vedetta, in costante allarme per cercare di anticipare ed evitare attacchi a sfondo razziale”. E così, spiega, “anche le sicurezze anagrafiche  vengono messe in discussione e non rappresentano un porto sicuro, perché potrà anche esserci scritto che sei italiana su quel pezzo di carta, ma tu con quella pelle scura non lo sei, non lo puoi essere e basta”.

La battaglia, dunque, deve essere anche e soprattutto culturale, come sottolinea Haroun Herry Fall, 24 anni, attore tra i pochissimi neri a poter accedere al Centro sperimentale di cinematografia, che dalla sua fondazione, nel 1935, annovera solo 5 attori non bianchi. “Lasciateci essere quello che vogliamo: siamo persone con i nostri stimoli e i nostri interessi,  smettetela di giudicarci”, ha scandito ieri in piazza il ragazzo, nato e cresciuto a Torino, dopo essere stato adottato da una famiglia italo inglese. “In Italia la situazione razziale è diversa da quella statunitense, ma non si può dire che l’Italia non sia un paese razzista – spiega – noi viviamo in un razzismo velato che si cela sotto il perbenismo e che tutti conoscono. Si parte dal principio che se sei uno straniero o sei hai la pelle diversa non potrai essere mai italiano. In America le persone vengono uccise in mezzo strada, qui no. Ma se sei un ragazzo nero in Italia, ogni mattina, quando ti svegli, sai di dover dimostrare qualcosa”. Ed è per questo motivo che Fall ha deciso di fare l’attore e di entrare in un movimento culturale per cambiare lo sguardo e la narrazione. “In italia ci sono pochi personaggi neri perché i neri non sono rappresentati all’interno della società – aggiunge -. Le sceneggiature sono scritte senza persone nere, specialmente come attori protagonisti. La questione è complessa, c’è una sottomissione economica e sociale. Scendere in piazza, quindi, vuol dire dare un segnale anche in Italia: ho amici nati e cresciuti qui che devono aspettare 18 anni e una serie di documenti prima di diventare cittadini”. La mancata di una riforma della cittadinanza è stata una delle rivendicazioni più volte evocate durante la manifestazione. “E’ ora che la società italiana cominci a camminare al passo con altri paesi europei – conclude Fall – anche nel sostegno alle minoranze, siamo indietro sotto molti punti di vista”.

E a chiedere scusa alle nuove generazioni di neri italiani, costrette di nuovo a scendere in piazza, è stato Jean Leonard Touadì, ex parlamentare, il primo nero della Repubblica italiana. “Qualcuno ha parlato di razzismo istituzionale: dal 1980 chiediamo pieno riconoscimento, piena cittadinanza. Vogliamo respirare. Voglio chiedere perdono alla vostra generazione – ha detto inginocchiandosi – dopo le lotte di Marthin Luther King, di Malcom X di Nelson Mandela, non potevo immaginare che la vostra generazione dovesse ancora stare qui a supplicare, il tempo è passato invano, siamo tornati indietro nella storia”.

2 COMMENTS

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Ultimi articoli

Ponte Morandi, l’elaborazione del lutto è un monologo

La traiettoria calante di Pietro Giannini arriva sul palcoscenico della Sala Mercato, come nuova produzione del Teatro Nazionale di Genova

Ddl Lavoro, più semplice licenziare

"Semplificazione e regolazione": per i padroni sarà più semplice liberarsi dei lavoratori tutelati 

Omicidio Thompson: risposta criminale a una situazione criminale

Chi è Luigi Mangione, l'omicidio del Ceo di UnitedHealthcare. I misfatti delle assicurazioni sanitarie negli Usa 

Argentina: perché Javier Milei resta in piedi

A un anno dall'insediamento, lo scenario di un rapido impeachment si è allontanato. Tra le cause: la frammentazione dell'opposizione e l'inflazione bassa [Ludovic Lamant]

Macron riesce a dividere la sinistra

Gli abboccamenti dell'Eliseo galvanizzano il PS, in rottura strategica con Mélenchon. Zig-zag degli ecologisti e PCF in crisi con Roussel [Mathieu Dejean e Pauline Graulle]