Il caso Vincenzo Vecchi. La Francia non lo estrada e chiede alla Corte europea. Zone grigie del mandato d’arresto europeo e il rischio di legittimare il codice di Mussolini
Diciotto mesi di guerriglia giudiziaria e due sentenze d’appello a suo favore non sono bastati. L’attivista no-global Vincenzo Vecchi vede continuare il suo incubo, mantenuto dalla giustizia francese e dalle zone grigie della procedura del mandato d’arresto europeo. Resta ancora senza risposta la domanda fondamentale: vent’anni dopo i fatti, il manifestante di Genova può essere consegnato all’Italia per scontare una dozzina di anni di galera grazie a una sentenza stravagante emessa sulla base di un articolo forgiato in epoca fascista nel 1930? Due corti d’appello, prima a Rennes e poi ad Angers, hanno risposto negativamente. Ogni volta, la procura ha fatto ricorso alla Corte Suprema d’Appello, sostenendo contro ogni evidenza che il mandato d’arresto emesso dall’Italia era perfettamente corretto e che Vincenzo Vecchi doveva essere consegnato alla giustizia italiana. Una delle questioni in gioco in questa vicenda è quella di non legittimare e installare nello spazio giudiziario europeo una disposizione ereditata dall’epoca di Mussolini. Al di là di questo, emergono con forza proprio le fragilità, le inadeguatezze e i rischi per le nostre libertà della procedura del mandato d’arresto europeo. La gabbia liberista contiene anche le gabbie delle galere.
Il comitato di sostegno a Vincenzo Vecchi, che non ha mai smesso di mobilitarsi di fronte a un mostro giuridico particolarmente complesso, può trovare un sapore di vittoria nella decisione della Corte di Cassazione. Gli argomenti del procuratore di Angers a sostegno del suo appello sono spazzati via e molti elementi presentati dagli avvocati di Vincenzo Vecchi sono mantenuti nella decisione assunta dalla Corte di Cassazione francese, che si è riunita il 26 gennaio per esaminare il caso di Vecchi, ricercato per i fatti del G8 di Genova del 2001 e arrestato in Francia nell’agosto del 2019 dopo una latitanza di 8 anni. La decisione è quella di chiedere un parere alla Corte di Giustizia dell’Unione Europa sulla questione del mandato europeo. Per ora quindi nessuna estradizione in Italia. La Cassazione si riunirà nuovamente il 22 giugno prossimo per valutare il parere della Corte di giustizia europea. Per una decisione definitiva probabilmente bisognerà aspettare comunque la fine del mese di giugno o luglio, a ridosso dell’anniversario delle giornate genovesi. Ma la sospensione del procedimento significa ancora una volta mesi di attesa e di angoscia. «Vincenzo affronta ora la prospettiva di altri mesi o addirittura anni di procedimenti, anche se sappiamo tutti che la Corte di giustizia europea si troverà nella stessa situazione di stallo della Corte di cassazione. Perché questo? Non vogliamo pensare che sia una questione di guadagnare tempo. La legge francese permette di porre fine a questa corsa a lunga distanza, basta applicarla», hanno spiegato i membri del suo comitato di sostegno. Tra loro lo scrittore lo scrittore Éric Vuillard (i suoi romanzi L’Ordine del Giorno – premio Goncourt 2017 – e La guerra dei poveri sono stati pubblicati da e/o), indignato per “questo accanimento giudiziario” mantenuto dai procuratori di Rennes e poi di Angers.
«La differenza tra il signor Vecchi e il procuratore che si appella alla Corte Suprema è che il procuratore ha tutto il tempo del mondo. Il signor Vecchi potrebbe avere ragione tre volte, quattro volte addirittura, il procuratore può continuare instancabilmente. Non ha fatica, non ha preoccupazioni, non ha paure. Non deve spendere soldi per difendersi, non deve occuparsi delle scartoffie, lo facciamo noi per lui. Il caso può continuare. Questo è un uso improprio della procedura, un uso autoritario e meccanico che è inquietante», ha scritto Éric Vuillard.
Infatti, Vincenzo Vecchi si trova ostaggio di una procedura di mandato d’arresto europeo che risale al 2002 e non prevedeva il suo caso. O piuttosto non prevedeva la scellerata stranezza della giustizia italiana. La Cassazione transalpina lo riconosce: il problema è la barbarie giudiziaria messa in atto per reprimere i manifestanti di Genova. Per tutti gli anni 2000, la giustizia italiana ha scelto di resuscitare “una disposizione del codice Rocco del 1930, dell’epoca fascista, che non era stata applicata da molto tempo” e che inventa un reato di “devastazione e saccheggio”, ha ricordato l’avvocato di Vincenzo Vecchi davanti alla Corte di Cassazione, Paul Mathonnet. In occasione del centenario del Pci vale la pena di ricordare che il Pci si è sempre opposto all’abolizione del codice Rocco, coniato dal guardasigilli di Mussolini. (Nostalgia canaglia e nostalgia delle canaglie, il problema è sempre quello di isolare i Violanti, ma questa è un’altra storia). Il reato di “devastazione e saccheggio” stabilisce una responsabilità collettiva dei manifestanti e parla di “concorso morale”. Non c’è bisogno di commettere gli atti incriminati. La presenza sulla scena del crimine è sufficiente per stabilire la colpevolezza. In base a questo articolo-monstre è stato montato il teorema che ha portato alla condanna a 100 anni per i “dieci” di Genova, un contrappeso da esibire di fronte alle centinaia di reati commessi da uno stuolo mai misurato di servitori dell’ordine, di ogni corpo e di ogni grado, scatenati in un’operazione che venne definita da Amnesty come la più grave violazione dei diritti umani in Occidente dalla fine della II guerra mondiale, seconda solo all’Olocausto, insomma, e alle atrocità franchiste, naziste e fasciste. L’Italia è stata condannata tre volte dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per “tortura” e “trattamento inumano e degradante”.
Ma, per gli ermellini francesi, i reati contestati dalla giustizia italiana devono avere un equivalente nel diritto francese. E non sarebbe il caso di Vecchi, la condanna a dieci anni di prigione per il reato di “devastazione e saccheggio” viola i testi europei e, in particolare, la Carta dei diritti fondamentali.
La Cassazione francese, con un provvedimento di sette pagine e una procedura piuttosto rara, spiega Maxime Tessier, un altro dei legali di Vincenzo Vecchi, annuncia che chiederà alla Corte di Giustizia Ue chiarimenti sulla questione del mandato europeo e in particolare sulle condanne per devastazione e saccheggio. Il reato, infatti, sottolinea l’avvocato, «non è riconosciuto in tutti gli Stati dell’Unione Europea e non lo è in Francia». Il Procuratore generale della Cassazione francese inoltre, riferisce Tessier, «ha chiesto di rivolgersi alla Corte di Giustizia europea affinché venisse valuta l’interpretazione della Corte di Appello di Angers che non aveva riconosciuto tutti i reati contestati a Vecchi: alcuni, secondo i magistrati, corrispondevano a reati in Francia e altri no. Da qui il rifiuto all’estradizione. Il Procuratore Generale chiede quindi alla Corte di Giustizia Ue se la suddivisione è stata fatta correttamente». La Corte di Appello di Angers lo scorso 4 novembre, come potete leggere su Popoff, non aveva riconosciuto le condanne per devastazione e saccheggio comminate dall’Italia a Vincenzo Vecchi ma aveva riconosciuto le condanne per l’aggressione a un fotografo e per la detenzione di oggetti pericolosi (una molotov). Vecchi, secondo la Corte, dovrebbe comunque scontare in prigione la pena di 1 anno, 2 mesi e 23 giorni. Il 6 novembre il Procuratore di Angers aveva deciso di ricorrere contro la decisione della Corte di Appello. «La decisione della Corte di Cassazione francese da un lato è positiva perché riconosce gli argomenti che avevamo avanzati e permetterà di precisare le istruzioni per l’uso e i limiti del mandato di arresto europeo ma dall’altro continua per Vincenzo Vecchi la lunga traversia giudiziaria», continua Maxime Tessier, intervistato da un’agenzia italiana. «In questo momento – aggiunge – penso soprattutto a Vincenzo Vecchi che diventa sempre di più una cavia giudiziaria. È una procedura estremamente lunga. Comunque oggi la Cassazione francese, come in precedenza la Corte di Appello di Angers, ha confermato che la nostra battaglia è una battaglia giusta».
Vecchi era stato condannato, con sentenza resa definitiva dalla Corte di Cassazione italiana il 13 luglio 2012, alla pena di 11 anni e 6 mesi per le violenze verificatesi durante il G8 di Genova. Aveva inoltre riportato una condanna a 4 anni di reclusione per alcuni scontri che hanno avuto luogo in occasione di una manifestazione antifascista a Milano nel marzo del 2006. Per quanto riguarda la condanna per i fatti di Milano è stato ritenuto in Francia che la pena era stata già scontata e quindi è decaduto uno dei due mandati europei. Vecchi, originario di Bergamo, vive attualmente a Rochefort-en-Terre, in Bretagna, da quando è stato scarcerato, ossia dal 15 novembre 2019. Prima del suo arresto lavorava da molti anni come imbianchino mentre adesso ha ritrovato un lavoro da falegname nella costruzione di alloggi ecologici a Questembert, sempre in Bretagna.