Denuncia di Oxfam ed Emergency: il monopolio sui vaccini anti Covid è una manna per le multinazionali e un genocidio per i paesi poveri
«Grazie ai monopoli sui vaccini anti-Covid19, Moderna, Pfizer e BioNTech stanno realizzando profitti astronomici, con i due colossi americani che inoltre stanno pagando imposte irrisorie». Per Big Pharma, insomma, il covid è stato una manna. La denuncia è di Oxfam ed Emergency secondo cui «a fronte di un investimento pubblico complessivo nel 2020 di oltre 8,3 miliardi di dollari a carico dei contribuenti americani ed europei per lo sviluppo dei vaccini, le 3 aziende hanno registrato nel primo semestre dell’anno ricavi per 26 miliardi di dollari, con un margine di profitto superiore al 69% nel caso di Moderna e BioNTech, mentre resta non formalmente verificabile quello di Pfizer. I ricavi sono da capogiro, grazie alla vendita di oltre il 90% delle dosi prodotte al miglior offerente tra i paesi ricchi e rincari del prezzo per dose, fino a 24 volte il costo stimato di produzione». Tutto ciò a pochi giorni dalla conclusione, a Roma, della ministeriale G20 sulla Salute in cui il ministro della sanità Speranza e il governo Draghi, che ospitavano il vertice, hanno la responsabilità di non aver avanzato la proposta di moratoria sui brevetti e di essersi schierati dalla parte dei profitti delle multinazionali di Big Pharma.
Con la moratoria, invece, sarebbe possibile in un anno produrre a basso costo 8 miliardi di vaccini a basso costo secondo le stime di Public Citizen. L’Italia, dunque, è corresponsabile con l’Ue del veto che blocca in sede Wto la richiesta di Sudafrica, India e altri cento paesi condivisa da scienziati, esperti, ong, movimenti per il diritto alla salute, sindacati di tutto il mondo.
«Il modello di business messo in pratica dai colossi farmaceutici – rilevano ancora Sara Albiani, policy advisor per la salute globale di Oxfam Italia e Rossella Miccio, presidente di Emergency – è oltremodo redditizio e continua ad essere perfetto per azionisti e top manager che vengono remunerati generosamente, mentre a farne le spese sono i paesi in via di sviluppo che stanno affrontando un nuovo picco di contagi e decessi, senza vaccini, cure e trattamenti. Invece di collaborare con governi e altri produttori qualificati per assicurare una disponibilità di dosi sufficiente a soddisfare la domanda mondiale – proseguono – i giganti come Pfizer, Moderna e BioNTech appaiono più preoccupati a massimizzare i propri utili. Esercitando un potere monopolistico, non condividendo tecnologie e know-how e applicando cospicui sovrapprezzi, si stima che i tre colossi del farmaco si vedranno corrispondere nel 2021 41 miliardi di dollari in più, rispetto al costo stimato di produzione dei propri vaccini. Senza un deciso e immediato intervento dei governi a favore della sospensione dei brevetti, rischiamo perciò di assistere ad un ulteriore rialzo dei prezzi, applicato anche per la vendita delle terze dosi ai paesi ricchi».
Solo una decina di giorni fa, in fondo alla ministeriale G20 sulla Salute, le due Ong avevano denunciato che «nella risposta alla pandemia, in termini di accesso globale ai vaccini, nessun passo decisivo e concreto è stato impresso per la definizione di strategie e strumenti di medio e lungo periodo, che di fronte a future pandemie, permettano di cambiare il paradigma e mettere fine alle vergognose disuguaglianze nell’accesso alle cure e ai vaccini».
«L’inerzia dei governi – hanno aggiunto Albiani e Miccio – è inaccettabile. La dichiarazione adottata oggi dalla Ministeriale Salute, al netto di importanti dichiarazioni di principio, per altro condivisibili, sui vaccini come bene pubblico globale, non offre risposte concrete alla sfida più drammatica e urgente posta dalla pandemia. Abbiamo bisogno adesso di soluzioni, di un vaccino per tutti ovunque, non di un vaccino per pochi a difesa degli interessi di alcuni. Nella migliore delle ipotesi, un posizionamento più chiaro in proposito sarà demandato al summit dei leader del G20 di fine ottobre. Nella peggiore, si continuerà a navigare a vista, perpetrando il sistema vigente: Covax, donazioni delle dosi (iniziative lodevoli, ma al momento insufficienti), licenze volontarie e generico supporto al trasferimento tecnologico». Da quell’incontro, «solo dichiarazioni di principio e nessun riferimento alla sospensione dei monopoli di Big Pharma, per garantire l’accesso ai vaccini nei Paesi a basso reddito, dove solo l’1,4% della popolazione ha ricevuto una dose. Così le varianti continueranno a dilagare e andranno perse innumerevoli vite», avevano detto lanciando un «appello urgente in vista del G20 dei leader di Governo di fine ottobre, per un reale cambio di rotta». «Nella risposta alla pandemia, in termini di accesso globale ai vaccini, nessun passo decisivo e concreto è stato impresso per la definizione di strategie e strumenti di medio e lungo periodo, che di fronte a future pandemie, permettano di cambiare il paradigma e mettere fine alle vergognose disuguaglianze nell’accesso alle cure e ai vaccini», affermano Albiani e Miccio ricordando come il premier Mario Draghi abbia «riconosciuto in occasione del G20 Compact with Africa che nei Paesi ad alto reddito quasi il 60% della popolazione ha ricevuto almeno una dose, mentre in quelli a basso reddito appena l’1,4%».
«L’inerzia dei governi è inaccettabile – avevano sottolineato Albiani e Miccio – la dichiarazione adottata oggi dalla Ministeriale Salute, al netto di importanti dichiarazioni di principio, per altro condivisibili, sui vaccini come bene pubblico globale, non offre risposte concrete alla sfida più drammatica e urgente posta dalla pandemia. Abbiamo bisogno adesso di soluzioni, di un vaccino per tutti ovunque». Ormai un anno fa India e Sud Africa hanno presentato all’Organizzazione Mondiale del Commercio una proposta di sospensione dei brevetti; più di un anno fa l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha lanciato la prima «call to action» per la condivisione della tecnologia e del know-how sui vaccini Covid-19.
«Nel frattempo il virus continua a circolare, le persone a morire e i vaccini a scarseggiare». E a maggio, il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus aveva chiesto un impegno globale per assicurare che entro fine settembre in ogni Paese del mondo la copertura vaccinale fosse del 10%, «obiettivo di per sé bassissimo e che comunque in molti Paesi non sarà possibile raggiungere», avevano concluso le portavoce di Oxfam e Emergency.
E dinanzi alla scarsa copertura vaccinale contro il Covid-19 nei Paesi poveri, 1.500 ong ambientaliste hanno chiesto il rinvio della conferenza Onu sul clima (Cop26) prevista il prossimo novembre a Glasgow. «A soli due mesi dalla scadenza, è evidente che una conferenza mondiale sul clima sicura, equa ed inclusiva sia impossibile – afferma Climate Action Network, a cui aderiscono fra l’altro Greenpeace, WWF, Action Aid, Oxfam e Amnesty international – visto il fallimento dell’accesso ai vaccini nei Paesi poveri, i costi in aumento dei viaggi e degli alloggi nonché le incertezze sull’evoluzione della pandemia».
«Il giudizio dell’OMS è netto – spiega anche Vittorio Agnoletto, tra i promotori della campagna “Nessun profitto sulla pandemia” per la moratoria sui brevetti – prima di fare la terza dose nei Paesi ricchi è necessario rendere disponibili i vaccini per i Paesi poveri; questo nell’interesse di tutti per evitare lo sviluppo di nuove varianti. Ma i governi occidentali fanno orecchie da mercanti; per loro al primo posto ci sono gli interessi di Big Pharma. Oltretutto sull’opportunità della terza dose il dibattito nel mondo scientifico è ancora tutto aperto. La FDA negli USA è spaccata, l’EMA sostiene che per ora sono necessari ulteriori studi. La questione è complessa e le domande sono ancora tante: quanto dura la risposta immunitaria alla vaccinazione e quali sono le ragioni che sembrerebbero condurre ad un suo precoce calo? Nei soggetti nei quali la risposta anticorpale diminuisce velocemente come reagisce l’immunità cellulare? Cala anch’essa o regge nel tempo? Che rapporto c’è tra il monitoraggio di nuove varianti già in circolazione e i vaccini che verranno utilizzati? O verranno usate le scorte rimaste che magari dopo poche settimane risulteranno poco efficienti contro le nuove varianti?
Si parla di una nuova vaccinazione di massa, ma non sarebbe opportuno un approccio maggiormente individualizzato ad esempio con un test sierologico? Siamo certi che ad una persona con ancora un’alta risposta immunitaria vada comunque fatta una terza dose?
Si dice: vacciniamo prima gli immunodepressi, ma costoro non sono tutti uguali, la loro condizione può richiedere interventi differenti. Sono domande importanti. Che richiedono risposte basate su evidenze scientifiche. Facciamo attenzione perché ogni giorno che passa il dibattito sul Covid si trasforma sempre più in un confronto tra tifoserie e questo genera confusione e può condurre a scelte non meditate. La scienza ha tempi e metodologie che devono essere rispettate».
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