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13 anni a Mimmo Lucano, la sentenza vergognosa

Mimmo Lucano, ex sindaco di Riace, condannato in primo grado. In Italia ci sono leggi e giudici che trasformano la solidarietà in reato

Per Mimmo Lucano, quasi il doppio degli anni di reclusione che erano stati chiesti dalla pubblica accusa: l’ex sindaco di Riace è stato condannato a 13 anni e due mesi di reclusione nel processo «Xenia», svoltosi a Locri, sui presunti illeciti nella gestione dei migranti. Il Pm aveva chiesto 7 anni e 11 mesi. «Questa é una vicenda inaudita. Sarò macchiato per sempre per colpe che non ho commesso. Mi aspettavo un’assoluzione – sono le prime parole di Lucano – grazie, comunque, lo stesso ai miei avvocati per il lavoro che hanno svolto. Io, tra l’altro, non avrei avuto modo di pagare altri legali, non avendo disponibilità economica».

Per Sinistra Anticapitalista si tratta di una «vendetta di classe»: «La sentenza che condanna Mimmo Lucano a 13 anni di carcere lascia quasi increduli, come se si trattasse di un incubo notturno da cui risvegliarsi quanto prima; purtroppo invece è la realtà, la realtà di una giustizia di classe, anzi di una ignobile vendetta di classe contro una persona perbene che alle ingiustizie di un mondo ingiusto e al calvario dei migranti ha risposto costruendo la solidarietà, l’accoglienza, un futuro di lavoro e di vita civile per coloro che fuggono guerre e miserie e per i suoi concittadini – si legge nel comunicato della piccola ma lucida formazione ecosocialista, femminista e comunista – è una storia cominciata qualche anno fa (ai tempi di Minniti e Salvini) volta a distruggere una esperienza positiva e di riferimento in tutto il paese, una storia torbida le cui finalità politiche e gli interessi che la muovevano erano fin troppo chiare già dell’inizio e che oggi si sono espresse fine in fondo in questa condanna di primo grado.

Come in un mondo alla rovescia chi pratica la solidarietà e il sostegno verso i più deboli diventa un pericoloso delinquente; è il messaggio che corre ormai in tante parti di Europa e in particolare lungo le frontiere, tante aperte ad ogni movimento dei capitali ed alla speculazione industriale e finanziaria quanto ostili ai migranti e al loro diritto alla vita. Per questo oggi sono tanti i potenti, gli affaristi locali nazionali e ogni sorta di conventicola, che gioiscono di fronte alla condanna di Mimmo, e che cercano di trarne vantaggio per confermare i loro discutibili interessi economici e politici.

E’ una sentenza che arriva inoltre nel momento giusto anche per distogliere l’attenzione dai guai in cui è finito il famoso “capitano” della Lega, nemico giurato dei migranti e dell’ex sindaco di Riace, ma soprattutto a pochi giorni dalle elezioni regionali. Nella speranza che il giudizio di appello (siamo davvero curiosi di vedere quali siano le motivazioni del primo grado di giudizio) restituisca presto onore e giustizia a una persona degna come Mimmo Lucano, gli esprimiamo la nostra piena solidarietà, auspicando che si crei un forte movimento in suo sostegno, una vera e propria ribellione di fronte a una sentenza così volgarmente ingiusta. E’ questa la garanzia decisiva e la strada per riuscire ad affermare, in questa amara vicenda, ma più in generale in tutto il paese nel duro scontro di classe che contrappone le classi lavoratrici autoctone e migranti al violento attacco del padronato e del governo, una autentica giustizia sociale e civile e il pieno rispetto dei diritti umani».

Un processo politico, dunque, quello contro Mimmo Lucano, alla solidarietà e all’antimafia in una Regione in cui la corruzione e la criminalità organizzata inquinano la terra, la politica e l’economia. Un processo politico, bomba a orologeria a 24 ore sulle elezioni regionali. Un processo politico che ha voluto colpire con durezza chi ha tentato di sottrarsi a un sistema d’accoglienza dei migranti punitivo e mortificante per le persone che fuggono dalla guerra e dalla miseria. Popoff ha chiesto un commento a caldo a Francesca Danese, portavoce del Forum del Terzo settore del Lazio, già assessora ai tempi della Giunta Marino alle Politiche sociali e alla casa di Roma Capitale: «Nessuno ha ancora letto quella sentenza ma si può dire già che quello contro Mimmo Lucano è un processo che si sviluppa in un paese ossessionato dalle migrazioni che spende moltissimo nel tentativo di bloccare i migranti e fatica parecchio a trovare risorse per accoglierli. Un paese che gioca sulla pelle di chi scappa dalla miseria e dalle guerre una partita cinica, nelle campagne elettorali e nel lavoro di governo. Eppure il Modello Riace ha dimostrato a tutti noi che è possibile immaginare e praticare modelli di integrazione efficace, di accoglienza coniugata allo sviluppo del territorio. E se Mimmo ha sbagliato, probabilmente lo ha fatto perché inseguito dalle emergenze, in stato di assoluta necessità, lasciato solo dalla politica. Molti amministratori si sono trovati nelle sue condizioni, ostacolati dai loro stessi partiti oppure da trattati iniqui come quello di Dublino che nessuno ha il coraggio di modificare.

Sarebbe interessante tornare a Riace e misurare le differenze tra ora e il tempo in cui governava Lucano. E’ l’ennesima volta che, nella civilissima Europa, c’è qualcuno che prova a trasformare la solidarietà in un reato. Così che il killer delle politiche di accoglienza non sia la volontà politica ma l’inafferrabile, e senza volto, groviglio di norme e procedure interpretate senza pietà. Una sentenza che a molti pare assurda, 13 anni non li prende quasi mai nemmeno un omicida, e che forse sarà ribaltata in appello. Non senza aver depositato nuovi veleni nelle nostre città, nei loro quartieri più poveri. Intanto la sentenza piomba poche ore dopo la morte di uomo in un incendio divampato nell’ex Calcestruzzi Selinunte, tra Castelvetrano e Campobello di Mazara, nel trapanese. Uno dei tanti stabilimenti abbandonati diventato un campo per i braccianti stranieri impegnati nella raccolta delle “nostre” olive. Si chiamava Omar e, assieme ai suoi compagni di lavoro e sventura, chiedeva da tempo più acqua, la rimozione dell’immondizia, lavoro giusto e una casa vera. Lui ha perso la vita, gli altri, per ora, i risparmi, i documenti e i vestiti. A trattare le persone come tali, come ha provato a fare Mimmo Lucano, tutto questo non sarebbe successo. Come gesto di solidarietà verso Lucano iniziamo dal partecipare alla raccolta immediata di beni di prima necessità, sacchi a pelo, vestiti a Fontane D’oro a Campobello di Mazara*».

Lucano era imputato di associazione per delinquere, abuso d’ufficio, truffa, concussione, peculato, turbativa d’asta, falsità ideologica e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. La sentenza è stata letta dal presidente del Tribunale di Locri, Fulvio Accurso, dopo una camera di consiglio che si è protratta per quattro giorni. L’inchiesta sull’ex sindaco di Riace è stata condotta dalla Procura della Repubblica di Locri, con indagini delegate alla Guardia di Finanza. Nell’ottobre del 2018 Lucano fu anche posto agli arresti domiciliari dalle fiamme gialle con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e dopo il periodo di detenzione fu applicato nei suoi confronti il divieto di dimora a Riace, poi revocato dal Tribunale di Locri nel settembre del 2019. Nel processo Xenia è stato difeso dagli avvocati Giuliano Pisapia ed Andrea Daqua che, all’uscita dal Tribunale hanno spiegato: «Una sentenza lunare e una condanna esorbitante che contrastano totalmente con le evidenze processuali. Oltre tredici anni di carcere per un uomo come Mimmo Lucano che vive in povertà e che non ha avuto alcun vantaggio patrimoniale e non patrimoniale dalla sua azione di sindaco di Riace e, come è emerso nel corso del processo si è sempre impegnato per la sua comunità e per l’accoglienza e l’integrazione di bambini, donne e uomini che sono arrivati nel nostro Paese per scappare dalle guerra, dalle torture e dalla fame». Secondo gli avvocati Pisapia e Dacqua , «è difficile comprendere come il Tribunale di Locri non abbia preso nella giusta considerazione quanto emerso nel corso del dibattimento, durato oltre due anni, che aveva evidenziato una realtà dei fatti ben diversa da quella prospettata dalla pubblica accusa. Per ora purtroppo possiamo solo sottolineare che non solo la condanna, ma anche l’entità della pena inflitta a Mimmo Lucano sono totalmente incomprensibili e ingiustificate e aspettare le motivazioni della sentenza per poter immediatamente ricorrere in appello nella convinzione che i successivi gradi di giudizio modificheranno una decisione che ci lascia attoniti».

«Per me Mimmo Lucano è un uomo giusto, un simbolo di umanità e di fratellanza universale – dice Luigi de Magistris, candidato alla presidenza della Regione Calabria – non si è mai girato dall’altra parte di fronte alla richiesta di vita di esseri umani diversi. Conoscevo Riace prima di Lucano ed era un borgo desertificato, con Lucano era divenuto un Paese ricco di energie, di economia circolare e di comunità viva. Con il post-Lucano nuovamente abbandono e spopolamento. Per me Lucano è l’antitesi del crimine. Non è certo un cultore del diritto amministrativo, avrà pure commesso delle irregolarità ed illegittimità, ma sono convinto che alla fine del suo calvario verrà assolto perché ha agito per il bene e mai per il male». E ancora, l’ex pm ed ex sindaco di Napoli: «Si deve avere fiducia nella magistratura e nella presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva, certo in una terra in cui pezzi significativi di politica e pezzi deviati delle istituzioni si sono mangiati tutto, tanto che mancano i diritti all’acqua, allo smaltimento dei rifiuti, alla depurazione, alla sanità pubblica e alla cura delle persone, al lavoro, alle infrastrutture materiali e digitali, alla mobilità, ai finanziamenti per lo sviluppo, alla cura delle fragilità e all’istruzione, con una emigrazione giovanile impressionante, vedere che il problema di questa regione sul piano giudiziario è Mimmo Lucano fa male al cuore e alla testa. Ma la storia dell’umanità insegna che non sempre la giustizia coincide con la legalità. Mimmo non devi mollare perché sei un uomo buono e giusto e il popolo ti vuole bene. Ora mi voglio assumere la responsabilità di guidare la Calabria affinché con la volontà del popolo sovrano la giustizia e i diritti possano trionfare».

«Mimmo Lucano è una persona onesta e povera – spiegano in un comunicato Maurizio Acerbo e Stefano Galieni, rispettivamente segretario nazionale e responsabile immigrazione di Rifondazione comunista – la vergognosa sentenza che lo condanna a più di 13 anni è una vendetta di sistema che si fonda su un teorema assurdo. Accogliendo i migranti Mimmo avrebbe creato opportunità di lavoro per i suoi concittadini in una regione dove la disoccupazione è altissima e i centri storici in abbandono. Lo accusano di averlo fatto per prendere voti dopo che si è dimostrato che non ha mai rubato un centesimo. Questo processo nasce dalla persecuzione del ministro Minniti e poi di Salvini e dalla volontà di ambienti potenti in Calabria di cancellare l’esperienza anomala e onesta di Riace. C’è chi ha scientificamente deciso e programmato che Mimmo Lucano debba sparire dalla scena pubblica e debba pagare lo scotto di voler vivere in un mondo più giusto. La condanna a 13 anni pronunciata dalla procura di Locri, quasi doppia rispetto a quanto richiesto dal PM è una vergogna per la magistratura e per chi crede ancora ad una giustizia uguale per tutti. Se Mimmo Lucano ha accolto, ha realizzato un sistema di accoglienza che non prevedeva l’arricchimento delle mafie, se ha proposto un’idea di paese sgradita a ministri dell’interno come Minniti e Salvini, questo è un merito che gli dovrebbe essere riconosciuto, se vivessimo in un paese le cui istituzioni fossero davvero ispirate dai principi della Costituzione. La sentenza di primo grado, di cui attendiamo di leggere le motivazioni, non cancella la limpidezza della dirittura morale dell’ex sindaco di Riace. Se Mimmo era un tangentista non avrebbe preso una condanna così abnorme. Ma in Italia ci sono leggi e giudici che trasformano la solidarietà in reato. Mimmo Lucano meriterebbe una medaglia e invece viene crocifisso. Siamo solidali con Mimmo e rimarremo al suo fianco».
Salvini, leader della Lega, non si fa sfuggire l’occasione di uscire dall’angolo dopo lo scandalo che travolge il suo entourage e in particolare Morisi l’uomo che ha dato voce a quel senso comune razzista, proibizionista e pistolero su cui si fonda la morale e il consenso dei partiti sovranisti e fascistoidi. Lucano, antropologicamente e politicamente, è all’opposto di simili statisti. Per la cronaca queste le parole di Salvini: «Altro che dare la caccia agli omosessuali nella Lega, la sinistra in Calabria candida condannati a 13 anni di carcere!».

Legambiente ha raccontato, negli anni scorsi, l’esperienza positiva di Riace e di altri paesi calabresi anche nella presentazione del dossier dal titolo “L’accoglienza che fa bene all’Italia” raccontando la bellezza dell’ecologia umana, inscindibile dalla tutela ambientale, così essenziale in una società sempre più fragile e sfilacciata, attraversata da una crisi ecologica e climatica senza precedenti che si tramuta in fonte di ingiustizia.

“La sentenza di condanna di primo grado arrivata oggi all’ex sindaco di Riace, Mimmo Lucano, ci lascia alquanto attoniti – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – Si tratta di una sentenza davvero assurda e inaudita. Esprimiamo a Mimmo Lucano tutta la nostra solidarietà e restiamo convinti che il modello Riace sia un esempio di accoglienza, integrazione e inclusione sociale, solidarietà e rigenerazione territoriale da difendere e che dovrebbe essere replicato. Il nostro auspicio è che questa brutta vicenda giudiziaria sia chiarita al più presto nei successivi gradi di giudizio”.

“Con il dovuto rispetto dovuto alle sentenze ed alla magistratura” – commenta Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria – non possiamo che constatare che, anche se la responsabilità penale è personale, questo è un processo che, in qualche modo, travalica l’uomo, con i suoi eventuali errori, ed include un intero modello quello del paese Riace, un esempio di accoglienza ed integrazione dei migranti in un piccolo borgo spopolato ed in una regione devastata da logiche mafiose. Un modello che ha fatto conoscere ed apprezzare la Calabria in tutto il mondo. Speriamo che per questo modello, antitetico ai tempi bui che stiamo vivendo, ci sia speranza di rinascere e che Domenico Lucano, sorretto dalla presunzione di innocenza fino alla sentenza definitiva, avrà modo di dimostrare la sua estraneità alle accuse”.

* Apprendiamo da Rete Fuorimercato che ieri sera intorno la mezzanotte, i telefoni dei volontar* della Casa Del Mutuo Soccorso Fuori Mercato sono stati inondati di messaggi e chiamate, erano richieste di aiuto… ” Il ghetto è in fiamme, ci serve aiuto”. Tutti i lavoratori hanno perso risparmi e documenti… Quasi tutti tranne uno, un #bracciante infatti è morto tra le fiamme. Ancora non conosciamo le cause dell’incendio, quello che sappiamo è che non è giusto dover rischiare la vita per il proprio lavoro, non è giusto essere costretti a vivere in queste condizioni per il proprio lavoro. Ma soprattutto non è giusto morire per il proprio lavoro. Lanciamo una raccolta #immediata di BENI DI PRIMA NECESSITA’ e SACCHI A PELO, completeremo la lista di ciò che serve a breve e comunicheremo il luogo di raccolta. Chiediamo che le Amministrazioni, la Prefettura, la Regione si adoperino immediatamente e si pongano in posizione di #ascolto nei confronti dei braccianti di Campobello. 

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