Centinaia di lavoratori alla presentazione del documento alternativo: “Le radici del sindacato”
Teatro gremito, la Goldonetta di Livorno, per l’assemblea nazionale che ha varato oggi, 29 giugno, il documento alternativo al XIX Congresso Cgil. Il testo, promosso da tre aree della sinistra interna, si intitola Le radici del sindacato per richiamare, già dalla scelta del luogo – la location del congresso del 1921 che vide dividersi socialisti e comunisti – le pratiche conflittuali e mutualistiche delle origini dell’organizzazione sindacale e che continuano a connotare le vertenze in cui sono protagonisti e protagonisti oggi operai/e e delegati/e di Riconquistiamo tutto!, Democrazia e Lavoro, Giornate di marzo, le tre componenti che si sono coalizzate per contendere alla maggioranza la linea sindacale e la leadership di Corso Italia.
Ad aprire gli interventi, davanti a centinaia di lavoratori e lavoratrici di ogni categoria e ogni regione, Riccardo Antonini, ferroviere licenziato per aver denunciato le responsabilità di Ferrovie nella strage di Viareggio di cui, proprio oggi, ricorre l’anniversario. «La sicurezza è un elemento centrale», ha sottolineato anche Eliana Como, portavoce di Riconquistiamo tutto! e prima firmataria del documento.
«Il nostro documento vive nella vertenza GKN: di fronte alla lotta, anche Melrose ha piegato la testa», ha spiegato Como nella relazione introduttiva. Tra gli striscioni, quelli delle Rsu di Same, Electrolux, bandiere No Tav, del Pride, dell’Anpi e della pace.
L’”insorgiamo” lanciato dalla fabbrica di Campi Bisenzio licenziata in tronco, via whatsapp, da un fondo speculativo inglese, da un anno coinvolge vertenze operaie e territoriali in tutta Italia con il suo approccio inclusivo. Il Collettivo di Fabbrica GKN, da sempre, è una delle anime dell’opposizione di sinistra in CGIL, «senza settarismi, con radicalità hanno tenuto insieme tutt* quelli che lottano contro una ingiustizia», avverte Como esortando la sua organizzazione a praticare l’unità delle vertenze e delle lotte piuttosto che l’unità dall’alto con Cisl e Uil che solo ora Landini sembra voler dismettere «ma solo perché i suoi interlocutori non ne vogliono sapere».
Lotte vere, scioperi veri, aumenti salariali veri, nessuna subalternità al governo Draghi e a Confindustria: il parterre della Goldonetta è compatto attorno all’idea che «non serva moderazione ma più radicalità: è ora di alzare i salari, cancelliamo IPCA (l’inflazione depurata dai costi energetici) e patto per la fabbrica», continua Como ricordando che sono passati trent’anni dal primo accordo di concertazione che sacrificò la scala mobile e aprì una lunghissima stagione di moderazione salariale che non accenna a chiudersi.
E sulla guerra che, oltre a seminare morte e disperazione tra le popolazioni civili, sta ulteriormente deformando i rapporti di forza e l’economia, oltre a mandare in soffitta i propositi di transizione energetica del governo, i “radicali” della Cgil sono netti: «Fermare la guerra! Vincono solo i potenti – ha detto ancora Eliana Como – noi perdiamo sempre. Mobilitiamoci contro l’invasione russa, il riarmo, le spese militari, no all’invio di armi, no alle basi Nato in Italia. Quando bruciò Notre Dame ci dissero che bruciava l’Europa. Ma l’Europa brucia da anni nel Mediterraneo e nei lager libici. Bruciava questo inverno tra Bielorussia e Polonia. È bruciata a Melilla. Non basta dire ci dispiace!».
Quello praticato dalle minoranze di Corso Italia è un sindacato capace di non mettere i lavoratori di fronte al dilemma tra ambiente e lavoro, «la crisi climatica è la vera urgenza. Noi siamo con i FFF», che rifiuta ogni contrapposizione tra diritti sociali e diritti civili, che denuncia la repressione contro lavoratori, studenti, migranti, poveri e sogna che la «Cgil costruisca un rapporto con NUDM e finalmente dichiari lo sciopero internazionale e transfemminista dell’8 marzo».
«Ci diranno: sognate! Chiedete troppo. No – conclude Como infiammando la platea – vogliamo solo fare come i lavoratori dei trasporti in UK: scioperare contro carovita, licenziamentil, tagli allo stato sociale. Se lo fanno loro possiamo anche noi».
«Non chiamatelo documento di minoranza – suggerisce Peppe Gucciardo, segretario generale Filt proprio a Livorno – è un sogno alternativo».