Anche stavolta Circumnavigando – festival di arti circensi contemporanee – ha disseminato la sua idea di circo in cortili, piazze e palcoscenici genovesi
Storie. Tutte quelle che stanno sotto il tendone di un circo. E anche fuori dal tendone. Perché anche quest’anno Circumnavigando – festival di arti circensi contemporanee – ha disseminato, come nei 22 anni precedenti, la sua idea di circo postmoderno in cortili, piazze e palcoscenici di tutto il territorio genovese.
Declinandolo questa volta nel sottotitolo di CircusTale / Il circo che racconta, l’Associazione Sarabanda d Boris Vecchio che anima e produce la manifestazione, ha voluto proporre un palinsesto di narrazioni per corpi che parlano e raccontano. Di sé e del mondo.
Come quella di Fora alla Sala Mercato del Teatro Nazionale di Genova a Sampierdarena, racconto ipnotico di una giovane donna – la brasiliana Alice Rende – che si trova prigioniera di una stretta teca di plexiglas alta tre metri dalla quale cerca di evadere con tecniche da contorsionista. Pesciolino prigioniero di un acquario claustrofobico che anela alla superficie dell’acqua come a un orizzonte di liberazione. Ma anche come frontiera incognita con un ambiente che forse non riuscirà ad abitare. Si arrampica, come sugli specchi, sulla superficie di plastica solo per ricadere su sé stessa, boccheggia sfinita alla base della sua prigione trasparente ma ci riprova sempre, ancora e ancora. Fino a riuscire finalmente, con un ultimo disperato colpo di reni, a uscirne. Solo per scoprirsi, tuttavia, definitivamente pesce fuor d’acqua. Irrimediabilmente piegato dallo spazio angusto dal quale proviene, il suo corpo non riesce infatti ad adattarsi alla gravità del nuovo ambiente e non avrà, infine, altra scelta che confinarsi nello spazio ancora più soffocante di un cubo trasparente nel quale riesce incredibilmente a confinarsi, con l’unico conforto della flebile luce di una torcia a illuminare il suo nuovo, ma vecchio, destino.
Oppure, ancora alla Sala Mercato, dalla Francia ecco l’attesa prima nazionale di Le poids de l’âme – tout est provisoire di e con Chiara Marchese. Racconto letteralmente senza veli in cui la protagonista mette a nudo tutte le sue fragilità e tutto il suo slancio vitale in un monologo con uno scheletro fatto col fil di ferro, un po’ alter ego e un po’ amante. E che sarebbe difficile ricondurre a una cornice di spettacolo circense se non fosse per una breve parentesi di funambolismo su un ponte tibetano di tre cavi tesi da una parte all’altra del palcoscenico.
Ancora le esperienze più sorprendenti e innovative sono quelle manifestate nell’energia dirompente dei giovani acrobati di FLIC, la rinomata Scuola di Circo di Torino. E tra i molti ospiti che hanno invaso il centro storico e la periferie della città: i Samovar e la loro “Officina Oceanografica Sentimentale”, uno spettacolo per 7 viaggiatori in una roulotteatro, con spatole, rotelle, onde, e in conclusione una poesia di Erri de Luca; il netturbino acrobatico inventato dall’artista marocchino Said Mouhssine, che con il suo “Taroo” (‘bidone’) tra piazze e vie compie evoluzioni, parkour dall’alto del suo palo cinese; l’affascinante passo a due in forma sferica inventato da Liam Lelarge e Kim Marro (Francia) nel loro “La boule”; il volo acrobatico e metaforico dei performer di Fabbrica C in “Bello!”, una sfida alle convenzioni fisiche e mentali sulla bellezza; il toccante “Time to Tell” di David Gauchard e Martine Palisse (Francia) con la voce recitante di Federica Granata, un mix perfetto di jonglerie e parola che unisce il virtuosismo più diabolico al racconto lucido della malattia e infine la poetica intimità di “C’est l’Hiver, le Ciel est Bleu”, uno spettacolo della Compagnia Diagonale du Vide (Francia) che attraverso le tecniche circensi ci immerge nei paesaggi interiori dei due personaggi, mostrandoci come la solitudine possa essere anche gioiosa e a volte persino inaspettatamente liberatoria.
E’ solo circo, in fondo. O forse no.