Il caso del nuovo ospedale di Mestre: apparentemente finanziato dai privati ma che il pubblico pagherà cinque volte di più
da Venezia, Enrico Baldin
Le vie del malaffare e del profitto possono essere infinite. La “politica del fare” del Veneto, negli ultimi due decenni, ha partorito mostri che col Mose hanno diversi punti in comune.
Uno di questi “mostri” è il nuovo ospedale Sant’Angelo di Mestre, inaugurato nel 2007. Lo potremmo definire un mostro finanziario, visto il complesso procedimento che porterà la struttura a costare alla collettività oltre cinque volte quanto inizialmente preventivato.
Non parrebbe un buon affare per la collettività, pagare una struttura cinque volte il suo valore. Eppure lo era per Giancarlo Galan – colpito da una richiesta di custodia cautelare nell’ambito dell’inchiesta sulle mazzette sul Mose – che al tempo della posa della prima pietra e della sua inaugurazione era Presidente della Regione Veneto. “Finché ci sono soldi pubblici si usano quelli, ma quando non ci sono più i soldi pubblici si usano quelli dei privati” affermava Galan parlando delle opere realizzate in project financing.
Vale la pena spiegare tanta generosità da parte di questi privati disposti a fare opere di bene. Nel caso del nosocomio di Mestre, il costo per realizzarlo è stato di 241 milioni di euro, 21 in più rispetto a quanto inizialmente preventivato. Di questi, 140 milioni sono stati pagati dalla Veneta Sanitaria Finanza di Progetto s.p.a., ovvero il consorzio che ha realizzato il nosocomio. Un pensiero gentile, insomma.
Ma i favori vanno restituiti, e proprio per questo motivo il contratto stipulato impose che l’ULSS 12 di Venezia e Mestre abbia il dovere di restituire il gentile prestito del consorzio VSFP, con rate annuali da 40 milioni di euro fino al 2031, concedendo nel frattempo in appalto tutta una serie di servizi intraospedalieri al consorzio stesso: dalle pulizie alla ristorazione, dalla lavanderia alla mensa fino ai trasporti e i rifiuti. Così per l’ULSS 12, una struttura costruita con 241 milioni, complessivamente verrà pagata ben oltre un miliardo di euro. Una specie di prestito a tasso di usura.
E’proprio su questo che sta indagando la Corte dei Conti di Venezia. Una inchiesta che dovrà portare ad accertare quale sia il danno erariale per i cittadini, e se si possa configurare il reato di usura, tenuto conto della complessità della materia in relazione alla pubblica amministrazione.
Certo è che quello del Sant’Angelo non è un caso isolato in Veneto: il balzo in su dei costi c’è stato anche in altre strutture sanitarie costruite col project financing, che prevede appunto la partecipazione dei privati. E’ il caso dell’ospedale di Santorso vicino a Schio, in provincia di Vicenza, dove sono stati riconosciuti interessi al consorzio costruttore fino al 22% per ventiquattro anni per il noleggio di attrezzature sanitarie. Un mutuo bancario avrebbe fatto risparmiare all’ULSS 4 di Schio circa 150milioni. Anche in questo caso sono in corso delle indagini.
Project financing sono stati realizzati anche per altre sette strutture sanitarie venete.
Vale la pena però specificare che tra le aziende che costituiscono il consorzio che ha costruito l’ospedale di Mestre vi è anche la Mantovani s.p.a. che è presente anche nell’ospedale di Santorso oltre che titolare di appalti all’Expo 2015 (per la quale è indagata) e di numerose grandi opere stradali venete come la Pedemontana, la Nuova Valsugana, la Romea commerciale, la Treviso mare, il traforo delle Torricelle, la terza corsia della A4, il passante di Mestre e il famigerato Mose. Un vero e proprio monopolio quello della Mantovani di cui il suo ex amministratore delegato Piergiorgio Baita, arrestato nel 2013 nell’ambito dell’inchiesta sul Mose, ha svelato molti retroscena, comprese le mazzette “bipartisan” a Galan, Chisso ed Orsoni in cambio di appalti ben remunerati.