Ennesima maratona di preghiera antiabortista e contromanifestazione femminista. Davanti al Niguarda dieci ultrà cattolici fondamentalisti. A sfidarli solo l’ironia queer
da Milano, Marco Panaro
In tempi in cui preoccupa il dilagare di ideologie e pratiche
fondamentaliste nel Vicino oriente e in altre parti del mondo, il
rischio è quello di scordarsi dei fondamentalismi di casa nostra. Come
quello del “Comitato NO194” (cioè contro la legge che regola
l’interruzione di gravidanza), che da tempo si dà appuntamento davanti
agli ospedali di diverse città per una “maratona di preghiera
antiabortista e contro l’eutanasia”.
Oggi, sabato 6 settembre, è toccato all’ospedale Niguarda di Milano, con i
fanatici religiosi (una decina, al netto delle forze dell’ordine)
intenti a recitare Ave Maria per nove ore consecutive, agghindati con
cartelli con immagini splatter e altri macabri simulacri.
Un gruppo di combattive “femministe e queer” (il loro blog:
ogo.noblogs.org) ha organizzato una contromanifestazione a pochi metri
di distanza dal triste raduno antiabortista. Cartelli, megafoni, slogan
e tanta ironia e determinazione per difendere il diritto di scegliere in
relazione alla maternità, all’eutanasia e alla propria sessualità e
identità di genere.
Un’opposizione netta, dunque, ai fondamentalismi che, come scritto con
grande lucidità nel volantino distribuito, “sono necessari ai poteri
forti”, perché in un momento di crisi economica e repressione sociale
inculcano quei timori che permettono di fare leggi senza incontrare
opposizione. “Vergogna, paura, peccato, penitenza dovrebbero essere
quotati in borsa: sono importantissimi per il Profitto”.
Non a caso, infatti, gli attacchi all’autodeterminazione delle donne si
stanno facendo sempre più violenti in ogni parte del mondo. L’accesso
all’aborto sta diventando illegale in alcuni paesi degli Stati Uniti e
Spagna e Svizzera, per prendere due esempi recenti, hanno tentato di
limitare la capacità delle donne di scegliere se avere o meno dei figli.
E se in Italia la legge 194, con tutte le sue contraddizioni, resiste
agli assalti fondamentalisti da trent’anni, è la presenza degli
obiettori di coscienza nei reparti di ginecologia degli ospedali a
rendere problematica la possibilità di interrompere una gravidanza non
voluta.
Ma in Lombardia può accadere di peggio. Una donna che ha deciso di
abortire può ricevere, la mattina stessa dell’intervento e all’interno
della clinica, la telefonata di un’operatrice dei Centri di aiuto alla
vita (CAV), con pressioni morali per convincerla a cambiare idea. Fatto
che è già abbastanza squallido di per sé, ma che è ancora più grave se
si considera che i Cav sono enti cattolici privati, ma finanziati e
sostenuti da Regione Lombardia. D’altra parte, già Freud aveva osservato
che “nella religione l’immoralità ha trovato in tutti i tempi sostegno
non meno della moralità”.
Sono passate da poco le 14, quando femministe e queer decidono di
sciogliere la contromanifestazione davanti all’ospedale Niguarda di
Milano. I fondamentalisti insistono con gli Ave Maria. Le loro
oppositrici, a mezzo megafono, li salutano così: “Noi ce ne andiamo
perché, a differenza di voi, abbiamo una vita da vivere”.