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La mafia non può portarci via la nostra terra

Nelle nostre sale è arrivato “La nostra terra” il nuovo film di Giulio Manfredonia, con Sergio Rubini e Stefano Accorsi. Su Popoff la recensione.

di Giorgia Pietropaoli

Il trailer del film

«Come si sconfigge la mafia? Dandosi una mano». Perché in questa battaglia non servono eroi: è necessaria la cooperazione. E serve il coraggio della legalità. Si può fare, davvero. Tanto per citare un altro film di Giulio Manfredonia, regista che torna sui grandi schermi italiani con una nuova prova, in parte una sfida. Bissare il successo di Si può fare, appunto, una commedia che si era ispirata alle storie delle cooperative sociali nate negli anni Ottanta per dare lavoro ai pazienti dimessi dai manicomi. Nuova sfida, nuovi temi, nuove cooperative. La nostra terra racconta, infatti, l’odissea delle cooperative che nascono per lavorare nelle terre confiscate ai boss mafiosi (e Libera è la principale fonte di suggestione, in questo caso).
Argomento forte, un sicuro “acchiappo” per un certo pubblico cinematografico. «Ho visto acchiappare in tanti modi ma con la legalità mai».

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Nonostante le buone intenzioni e la prova attoriale (discreta, nel complesso), La nostra terra non è all’altezza del suo predecessore e compie scivoloni imbarazzanti nel buonismo tipico di una certa commedia nostrana. La sceneggiatura tenta di dare complessità ai personaggi, sfumature e ambiguità ma, alla fine, “da una parte stanno i buoni e da una parte stanno i cattivi”. Soltanto Sergio Rubini riesce, con intelligenza e bravura, a dare corpo, voce, gestualità e mentalità a un Sud che non è bianco e non è nero, che è questo ma anche quello. «Voi dovete imparare a sentire le parole che non si dicono».
Stefano Accorsi cerca di sudare a dovere («Cazzo, quanto sudate voi del governo avvocà!») ma l’unico momento in cui riesce davvero a spiccare il salto è la scena del tiro “al pomodoro” in piazza, la sola scena, peraltro, in cui la mafia è colpita e affondata sul serio. Una mafia che non incute timore, raffigurata in maniera vaga e superficiale e lasciata tutta nelle mani del boss Tommaso Ragno che fa quel che può, limitato com’è da una scrittura approssimativa.

Il resto dei personaggi che fanno parte della cooperativa è una galleria di persone genuine e stravaganti che, però, si accontentano di rimanere delle figure scontate, con qualche battuta felice estranea al politically correct («Mo’ viene a piovere./Come lo sa maestro? Ha guardato il cielo?/No, ho guardato il meteo, quello che viene dopo il telegiornale»; «Tre mariti, tutti morti. Ti credo che c’ho i chakra tutti scassati»). Con qualche tirata sulla mentalità dell’italiano medio fissato con l’idea dello stipendio “da dipendente”, sul concetto del TFR («’Sto FR è un’usanza del Nord?»; «Ma que è ‘stu TFR?/È un treno./Regionale?/No. TFR.») e sulle differenze tra Nord e Sud (ovvio, no?), la pellicola sembra sbandare. Sembra che non riesca a comprendere dove voglia andare a parare.
E si spreca una buona occasione per raccontare le vicissitudini dei beni confiscati alla mafia e tutto il mondo che ruota attorno a queste terre, le nostre terre. «Facciamo un brindisi alla nuova cocaina, la filiera alimentare». Un cenno, lieve, che avrebbe meritato più spazio, che avrebbe dovuto essere uno scossone.

lanostraterra

I beni confiscati alla mafia sono più di venticinquemila; appena circa seimila sono stati assegnati. Ecco un altro argomento che avrebbe meritato più attenzione e si riduce, invece, a qualche iniziale difficoltà burocratica. È così che si ammazza la terra, due volte: prima ci pensa la mafia; poi tocca allo Stato. Manfredonia sembra quasi dimenticarlo.
E Cosimo, il pentito che fa ‘u sartariellu, non basta per colmare grosse, imperdonabili, lacune. Perché “le parole che non si dicono”, qui, non dovevano essere taciute.
Dovevano essere urlate.

LA NOSTRA TERRA
Regia di Giulio Manfredonia
Con Stefano Accorsi, Sergio Rubini, Maria Rosaria Russo, Iaia Forte, Nicola Rignanese
Commedia, 100 min.
Italia, 2014
Uscita giovedì 18 settembre 2014
Voto Popoff: 2/5

mipiace da vedere se: avete voglia di vedere un bravo Sergio Rubini
nonmipiace da non vedere se: : volete guardare un film che parla di lotta alla mafia, quella vera

 

 

 

 

 

 

 

 

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