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Diritti indios al vertice Onu, e la star non poteva che essere Evo

Morales, anche portavoce del G-77, parla del suo progetto boliviano, critica il Consiglio di Sicurezza dell’Onu e rivendica l’importanza dei movimenti sociali.

di Marina Zenobio

Evo Morales

Ieri a New York, all’interno dei lavori dell’Assemblea Generale dell’Onu, si è celebrata la prima Conferenza mondiale sulle popolazioni indigene con l’obiettivo di promuovere politiche in loro favore. Gli indigeni, a livello mondiale, sono 370 milioni; solo in America Latina e nei Caraibi sono oltre 45 milioni, rappresentando l’8,3% della popolazione indigena continentale.

Sono state denunciate le condizioni di diseguaglianza, quindi la povertà, la difficoltà nell’accesso a cure mediche che, in alcuni paesi, ha prodotto un maggiore indice di mortalità infantile tra le popolazioni indigene.

Due paesi però sono stati indicati come modelli positivi, l’ Ecuador di Rafael Correa e la Bolivia di Evo Morales che hanno dato dignità e riconoscimento dei diritti degli indigeni a livello costituzionale. Un modello che si preparano a seguire anche altri stati latinoamericani.

Ma la star dell’incontro non poteva che essere Evo Morales, primo presidente indigeno della Bolivia, dell’etnia Aymara, che ha aperto la sessione.

marcha-indigena

Nel suo discorso introduttivo, il presidente ha messo in risalto l’importanza dei movimenti sociali nella trasformazione politica, economica e sociale del suo paese, e come gli stessi abbiano influito su una nuova forma di governare, sempre nel rispetto dei diritti di tutti.

Parlando con la stampa in riferimento all’evento dell’Onu, Morales ha dichiarato di percepire questa prima Conferenza mondiale sulle popolazioni indigene come “un importante passo avanti, non solo per la Bolivia ma per tutti gli abitanti del pianeta Terra”.

Il presidente della Bolivia ha anche ricordato che, fino al 1950, nel suo paese gli indigeni, come le donne, non aveva diritto di voto: “Raccontavano che il movimento indigeno era analfabeta, non pagava le tasse, pertanto era considerato ignorante e senza diritto di partecipare alle elezioni”.

Riferendosi poi alle proteste organizzate nelle scorse settimane a Wall Street, contro il cambiamento climatico e il sistema capitalistico, Morales ha dichiarato di continuare a seguire le sue convinzioni: “Le nostre nazioni non possono essere governate da banchieri, né da multinazionali. E’ il grande problema di molte nazioni. Anche degli Stati Uniti, dove non governa Obama ma il sistema capitalista con i suoi banchiere e le sue multinazionali. Fino a qualche anno fa, del mio paese decidevano gli americani, ora decidono gli indios, i cui principi sono la vita, la pachamama (madre terra) e la pace. I governi devono obbedire ai popoli”.

Ha riproposto quindi il suo cavallo di battaglia “le risorse naturali devono appartenere a tutti” e citando il caso boliviano ha aggiunto: “la nazionalizzazione dell’industria petrolifera ha prodotto un importante aumento delle entrate, permettendo progressi economici in pochi anni”. Morale ci ha tenuto a chiarire quanto queste risorse abbiano contribuito a far sì che le comunità indigene della Bolivia avessero accesso all’educazione, all’acqua potabile, alla salute e ad altri servizi di base che comprendono anche le telecomunicazioni.

Inoltre ha chiesto misure determinanti per la protezione del potenziale produttivo agricolo dei vasti territori indigeni e per svilupparne le capacità di produrre alimenti per buona parte della popolazione mondiale, senza controllo delle multinazionali. Combattere la fame del mondo, ha insistito Morales, dev’essere una priorità nell’agenda mondiale per lo sviluppo umano, e ha proposto il 2030 come data per la sua completa eliminazione.

morales tra il suo popolo

A nome del Gruppo dei 77 più la Cina (G-77), di cui è portavoce, il presidente boliviano ha detto che questo blocco si impegna ad assumere un ruolo guida nella definizione di tale obiettivo dopo il 2015.

“Il G-77 – ha dichiarato Morales – è preoccupato per la disuguaglianza e le lacune ancora presenti nella realizzazione degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio e sulle sfide socio-economiche che questi paesi stanno affrontando, nonostante i progressi e gli sforzi di alcuni tra gli stati più poveri”.

Su questo punto, il presidente sudamericano ha esortato le grandi potenze a rispettare gli accordi e fornire le risorse finanziarie per l’attuazione di piani che permettano di colmare le differenze e potenziare la crescita delle nazioni sottosviluppate. Ma con una precisazione: “che questi aiuti vengano forniti senza condizioni e sotto il principio di rispetto comune per la cooperazione nord-sud”.

Alla domanda sull’impatto che potrà avere il possibile ingresso del Venezuela nel Consiglio di sicurezza dell’Onu, Morale ha risposto: “Non credo nel Consiglio di sicurezza, ha più volte dimostrato la sua incapacità di azione. Per me continua ad essere un ‘consiglio per l’insicurezza’ dell’umanità. Continua ad essere lo strumento dell’organismo delle Nazioni Unite con più autonomia decisionale eppure agisce su decisioni dell’imperialismo e del capitalismo, senza prendere in alcuna considerazioni le decisioni prese dall’Onu”.

marcia indios

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