Appello dei familiari delle vittime alla partecipazione in un processo dove tutti gli imputati hanno fatto carriera.
di Mirna Cortese
Dopo la sospensione estiva, riprende mercoledì 1° ottobre a Lucca, presso il Polo fieristico (ex Bertolli), il processo per la strage di Viareggio, l’incidente ferroviario avvenuto la notte del 29 giugno 2009 nel quale persero la vita 32 persone. I familiari delle vittime, riuniti nell’associazione “Il mondo che vorrei”, lanciano un appello alla partecipazione rivolto “a chi è sensibile a questa battaglia e a chi sia disponibile il 1° ottobre”. “Per essere insieme a noi – si legge sul comunicato – ognuno con il proprio corpo, la propria mente, il proprio striscione di appartenenza, la propria fascia istituzionale per dare forza, per sostenere, per un gesto d’affetto, per farci capire che non siamo stati dimenticati, per comunicarci che ci siete e che ci sarete ancora”. Daniela Rombi, presidente dell’associazione “Il mondo che vorrei” e che firma l’appello, afferma: “Abbiamo bisogno di tanti e tante, del vostro concreto aiuto perché la nostra voce sia più forte per rivendicare e pretendere verità, giustizia e sicurezza”.
Un tragico incidente sul lavoro
Quello avvenuto a Viareggio poco più di cinque anni fa non fu, come detto da diverse parti, “uno spiacevolissimo episodio”, ma un tragico incidente sul lavoro, trasformatosi nel più grave disastro della storia ferroviaria italiana.
Partito da Trecate (Novara) e diretto a Gricignano (Caserta), il treno era composto da 14 cisterne di gas propano liquido. Erano le 23,50 del 29 giugno del 2009 quando entrò nella stazione di Viareggio a 90 chilometri orari. La velocità era limiti consentiti, ma un asse sotto ad uno dei vagone si frattura, la cisterna deraglia, si rovescia, qualcosa la squarcia. I macchinisti capiscono al volo cosa sta per accadere, riescono a fermare il convoglio e a fuggire. Il liquido azzurro del gpl si allarga minaccioso, supera i binari, raggiunge le case, e poi l’esplosione. Le fiamme avvolgono tutto, le case, le strade, gli alberi… bambini, uomini, donne che riposavano tranquillamente nelle loro case di via Ponchielli.
Imputati in carriera
Sotto accusa, con la contestazione di reati che vanno dall’omicidio colposo plurimo, incendio colposo, illecito amministrativo e violazione delle norme di sicurezza sul lavoro, sono finite 33 persone, tra cui i manager di allora del gruppo FS, i dirigenti e dipendenti di tre aziende: la proprietaria del carro, Gatx Rail Austria e Germania, l’officina tedesca Jugenthal che lo revisionò, e la Cima riparazioni che lo montò. Se però le Ferrovie sospesero immediatamente i contratti con Cima e Gatx, per quanto riguarda i suoi dirigenti interni imputati, si è registrato un vergognoso iter di carriera, riguardo al quale la politica non è estranea.
Mauro Moretti attualmente è amministratore delegato e direttore generale del gruppo Finmeccanica e Presidente della Fondazione FS Italiane. All’epoca della strage era amministratore delegato del Gruppo FS. Le accuse a suo carico sono di “omissioni progettuali, tecniche, valutative, propositive e dispositive”. Dopo il disastro il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano lo ha insignito del titolo di cavaliere. Già da indagato, durante il governo Berlusconi prima e quello Letta poi, gli è stato rinnovato il mandato. A Matteo Renzi si deve il suo attuale incarico in Finmeccanica.
Michele Maria Elia, altro indagato per la strage, è diventato amministratore delegato di Rfi SpA del Gruppo Ferrovie dello Stato.
Vincezo Soprano, all’epoca amministratore delegato di Trenitalia, è rimasto amministratore delegato di Trenitalia.
Giulio Margarita, dalla direzione tecnica di Rfi è passato niente poco di meno che all’Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria (!).
Le 32 vittime
Luca Piagentini, 4 anni, è morto carbonizzato in auto, dove i genitori l’avevano messo per fuggire, insieme a lui muoiono il fratello Lorenzo, 17 mesi, e la mamma Stefania Maccioni, 40 anni. Solo Leonardo, il fratello maggiore oggi quattordicenne, rimane illeso, protetto da un materasso che gli era piombato addosso; il papà Marco, 45 anni, è tornato ad abbracciarlo dopo 6 mesi passati in ospedale a Pavia, con ustioni riportate sul 95 per cento del corpo. Il volto ancora segnato, oggi combatte per la sicurezza in ferrovia.
In un sol colpo le fiamme hanno sterminato intere famiglie: i coniugi Elena Iacopini e Federico Battistini, 32 anni, i genitori di lei, Emanuela Milazzo, 63, e Mauro, 60. Sara Orsi, 24 anni, la sua amica Emanuela Menichetti, 21 anni, e la madre di Sara, Roberta Calzoni di 54 anni.
L’artigiano falegname Rosario Campo, 42 anni, fu polverizzato mentre passava in motorino a 300 metri dalla stazione. Lo stesso è accaduto ad Antonio Farnocchia, 51 anni, che camminava sulla passerella sopra i binari per andare al lavoro. Era panettiere e padre di due figli.
Hamza Ayad, 16 anni, aveva un cuore di leone: riuscì a emergere dalle macerie e tornò tra le fiamme a cercare la sorellina Iman, 3 anni. Soffocato dal gas, svenne prima di poterla salvare. Sono morti entrambi, insieme ai genitori Aziza e Mohammed, 46 e 51. Degli Ayad si è salvata solo Ibitzen, oggi 26enne.
La badante Ana Habic, 42 anni, assalita dalle fiamme mentre usciva per cercare aiuto per il suo assistito, Mario Pucci, 90 anni. Nadia Bernacchi e Claudio Bonuccelli, 59 e 60 anni, si trovavano in via Ponchielli per pochi giorni, il tempo di ristrutturare casa, anche loro nel conto delle vittime. Alla lista vanno aggiunte le sorelle Ilaria e Michela Mazzoni, 36 e 33 anni, Magdalena Cruz Ruiz Oliva, 40 anni, Alessandro Farnocchia e Marina Galano, 45, Maria Luisa Carmazzi e Andrea Falorni, 49 e 50 anni, Abdellatif e Nouredine Boumalhaf, 34 e 29 anni, Rachid Moussafar, 25, e Angela Monelli, un’anziana stroncata da un infarto. L’ultima a morire è stata Elisabeth Silva, 36, che lottò per 6 mesi in ospedale.