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Honeywell, era solo un pacco elettorale

Honeywell, il Governo uscente ha azzerato tutto. Addio all’accordo del 16 febbraio per i l500 lavoratori

da ChietiAlessio Di Florio

500 lavoratori sull’orlo del baratro. Sono gli ormai ex dipendenti della Honeywell di Atessa e dell’indotto. Nel settembre dell’anno scorso l’azienda aveva comunicato la chiusura in Abruzzo il 2 aprile di quest’anno per delocalizzare in Slovacchia. Annuncio a cui, come già abbiamo raccontato su Popoff, sono seguiti mesi di durissima mobilitazione sindacale. Il 16 febbraio scorso un accordo firmato al Ministero dello Sviluppo Economico fu accolto in larga parte da toni trionfalistici. Cassa integrazione straordinaria fino al febbraio dell’anno prossimo e incentivi “per i lavoratori che decideranno di andare via subito”.

In pratica, come sottolinearono Potere al Popolo e la Fiom, disoccupazione in arrivo ma rinviata di quasi un anno. Davide Labbrozzi definì il risultato dell’accordo un limitare i danni. Carmine Tomeo di Rifondazione Comunista, candidato alla Camera con Potere al Popolo, attaccò duramente gli esponenti politici (soprattutto del Partito Democratico) che esultavano per “un risultato praticamente inventato: scongiurare i licenziamenti alla Honeywell”. Gli stessi politicanti che per anni “hanno regalato milioni di euro alla Honeywell” e hanno festeggiato per aver solo rinviato di qualche mese il baratro della disoccupazione, fu l’amara constatazione di Carmine.

Le elezioni sono passate e la cronaca politica nazionale ci regala quotidianamente pagine sempre meno edificanti. I lavoratori Honeywell per settimane sono stati fatti rimanere letteralmente appesi ad un filo. Fino all’epilogo drammatico e sconcertante. Sono lontani i toni trionfalistici durante la campagna elettorale. E oggi appaiono ancora più beffardi e inaccettabili. Perché il baratro non arriverà più l’anno prossimo ma nei prossimi giorni. Il Ministero dello Sviluppo Economico ha bocciato il programma di cassa integrazione straordinaria. A fine maggio tutto sarà finito, i lavoratori saranno totalmente abbandonati al loro destino. “Il piano di crisi aziendale presentato dalla Honeywell non è approvato per il periodo 3 marzo 2018 – 2 febbraio 2019 perché il programma Cigs presentato è finalizzato alla cessazione dell’attività di turbo compressori, che rappresenta l’attività principale di Atessa, così come si evince dalla circostanza che la maggior parte dei lavoratori interessati e costituenti esuberi strutturali (331) sono proprio quelli addetti all’attività destinata a cessare”. Un’unica frase che rende carta straccia l’accordo di febbraio e lascerà i lavoratori in mezzo alla strada. E la beffa è completata da un’altra assurda circostanza. L’azienda ha anticipato due mesi di cassa integrazione dopo l’accordo. La bocciature del Mise che cancella l’accordo comporta che quei due mesi verranno decurtati e restituiti all’azienda gravando sui lavoratori. La rabbia dei lavoratori, davanti al dramma in arrivo e beffati dal Mise, è tornata lunedì sotto le finestre ministeriali.

L’accordo del 16 febbraio lasciava solo un’unica vera speranza: la previsione della vendita gratuita dello stabilimento a chi esprimeva l’intenzione di farlo ripartire. La cassa integrazione straordinaria stessa era legata anche a questa possibilità. In questi mesi ampie rassicurazioni erano arrivate dalla Regione. “Sono fiducioso per il futuro della Honeywell: dal territorio e dal mondo industriale nazionale stanno arrivando proposte molto credibili” ha dichiarato il 14 marzo il vicepresidente Giovanni Lolli. Ma in queste ore il dubbio c’è: la mancata erogazione della cassa integrazione è legata al fortissimo rischio che non ci sarà nessuna reindustrializzazione? Sarebbe il sipario sull’ennesima farsa sulle spalle dei lavoratori in questo territorio. Un epilogo già tragicamente visto in altre occasioni, dalla Golden Lady alla Sixty o nei due centri di ricerca Mario Negri Sud e Cotir. Incontri, vertici, promesse, passerelle, rassicurazioni. E poi l’abbandono finale. Proprio in occasione di una campagna elettorale si era prospettata la soluzione per la Golden Lady. Chiuse le urne tutto evaporò.

E la crisi del lavoro in provincia di Chieti vede nuovi possibili nubi all’orizzonte. Questa volta il luogo è Piana Sant’Angelo, la zona industriale di San Salvo La Regione promette ed elargisce rassicurazioni, il vicepresidente Lolli (ormai di fatto presidente pro tempore o quasi dopo che D’Alfonso è diventato senatore, anche se continua il balletto istituzionale sulle sue dimissioni) ha annunciato che il suo obiettivo è “implementare a Piana Sant’Angelo” un centro di eccellenza. Le nubi si potrebbero stagliare su Pilkington e Denso, due delle principali industrie della zona. Alla prima il prossimo 24 settembre finirà la possibilità (grazie alle ultime normative in materia) di usufruire del “contratto di solidarietà”. E dal giorno successivo si potrebbero avviare i licenziamenti, 190 erano quelli annunciati negli anni scorsi dalla proprietà.

 

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