Aveva ucciso l’uomo che voleva stuprarla, un ex agente dei servizi segreti iraniani. Poteva ottenere la grazia in cambio della ritrattazione, ma Reyhaneh non ha voluto farlo. É stata impiccata questa notte.
di Mirna Cortese
A nulla è servita la campagna internazionale che chiedeva al governo iraniano un atto di clemenza, dodici ore ore la sentenza di condanna a morte contro Reyhaneh Jabbari, accusata di aver ucciso un uomo mentre tentava di stuprarla, si è consumata questa notte nel carcere di Teheran, dov’era rinchiusa dal 2007. E’ stata impiccata, era una arredatrice d’interni e aveva solo 26 anni. L’uomo, Morteza Abdolali Sarbandi, era un ex agente dei servizi segreti e, in cambio della grazia, era stato chiesto alla giovane donna di smentire di aver subito violenza dall’ex “007”, ma Reyhaneh si è sempre rifiutata.
Ora sulla pagina facebook della campagna che era nata per salvare la giovane arredatrice d’internic’è solo una scritta “Riposa in pace”. Il perdono della famiglia dell’ex agente segreto ucciso avrebbe salvato Reyhaneh dalla forca, ma non c’è stato proprio perché il figlio di Abdolali Sarbadi pretendeva che Reyhaneh smentisse di aver subito violenza dal padre.
Il relatore dell’Alto commissariato per i diritti umani dell’Onu aveva denunciato che il processo del 2009 era stato viziato da molte irregolarità e non aveva tenuto conto del fatto che si era trattato di legittima difesa di fronte a un tentativo di stupro.
L’esecuzione di Reyhaneh era stata fissata per il 30 settembre, quindi era stata rinviata facendo sperare in un atto di clemenza. Ieri le speranze sono state soffocate dalla notizia che la madre della giovane aveva ricevuto il permesso di vedere la figlia per un’ora, un segnale che l’impiccagione era tragicamente imminente.