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Usa/La Clinton futura candidata di banchieri e guerrafondai

Alcuni candidati già pronti a scendere in pista per le presidenziali Usa. Tifasno per Clinton banchieri, guerrafondai, neocon e la lobby israeliana.

di Franco Fracassi

A sinistra, il presidente siriano Bashar al Assad. A destra, l'ex segretario di Stato Usa Hillary Clinton.
A sinistra, il presidente siriano Bashar al Assad. A destra, l’ex segretario di Stato Usa Hillary Clinton.

«Qui a Wall Street siamo molto eccitati per la futura candidatura di Hillary Clinton». Mancano ancora due anni alle elezioni presidenziali Usa, ma i candidati più ambiziosi già stanno preparando la propria campagna. Di sicuro l’ex segretario di Stato concorrerà per conquistare la Casa Bianca, visto che intorno alla sua figura si stanno già concentrando investimenti cospiqui. Ha scritto il “Washington Post”: «Intorno alla Clinton si stanno addensando imprese e denaro. Si va dalle banche alle grandi società finanziarie, dalle multinazionali alle imprese sotto contratto con il Pentagono. Probabilmente sarà lei ad avere il budget più ricco nella corsa alla Casa Bianca».

Secondo quanto riportano i principali giornali statunitensi, sono pronti ad appoggiare la candidatura della Clinton gli amministratori delegati di Goldman Sachs (Lloyd Blankfein), Morgan Stanley (James Gorman), insieme al suo potente vicepresidente Tom Nides, di JPMorgan Chase (James Dimon), di Bank of America (Brian Moynihan). Tutti loro la considerano «pragmatica, capace di risolvere problemi e non populista».

“Foreign Policy” è la rivista statunitense più autorevole tra quelle che trattano di politica estera, oltre che un giornale legato alla destra repubblicana: «La Clinton deve essere il prossimo presidente. Nei corridoi della Washington che conta questa frase viene ripetuta come un mantra. Specialmente da parte della potentissima lobby pro Israele». Ha dichiarato in proposito un lobbista dell’Aipac (American Israel Public Affairs Committee), che ha chiesto di restare anonimo: «Sia Bill che Hillary sono entrambi innamorati dell’idea di Israele, della sua storia unica e sono entrambi favorevoli a che si sviluppino altri insediamenti in Cisgiordania. Di una cosa siamo certi noi all’Aipac, se la Clinton entrerà alla Casa Bianca i buoni rapporti tra Usa e Israele sono garantiti».

Hillary Clinton stringe la mano al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. L'ex segretario di Stato è accusata di essere sempre stata troppo indulgente nei confronti di Israele.
Hillary Clinton stringe la mano al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. L’ex segretario di Stato è accusata di essere sempre stata troppo indulgente nei confronti di Israele.

Robert Kagan è uno degli intellettuali più in vista tra la destra repubblicana. Membro del Brookings Institution, del Counsil on Foreign Relations e del Progetto per un nuovo secolo americano (Pnac), Kagan da mesi si è apertamente schierato a favore di una sua candidatura. «Mi sento a mio agio con la sua idea di politica estera. Dopo sei anni di oscurantismo da parte del vigliacco Obama, finalmente avremo una politica estera con le palle. Io e i miei amici riversiamo molte speranze in lei». Kagan è stato tra i promotori della guerra al terrore voluta da George Bush, uno dei principali fautori dell’invasione all’Iraq ed è uno dei principali sponsor dell’esportazione in tutto il mondo della democrazia modello Usa.

Ma Kagan non è l’unico neocon a schierarsi con l’ex first lady ed ex segretario di Stato. «La Clinton è più vicina alla nostra sensibilità di quanto si pensi, soprattutto in politica estera, che è quella che per noi conta di più», ha dichiarato Max Boot, uno dei più oltransisti tra i neoconservatori. Secondo il “New York Times”, «la signora Clinton ha votato a favore della guerra all’Iraq, ha sostenuto i ribelli siriani, inviando armi, ha sostenuto l’intervento militare in Libia, ha sostenuto la maggior presenza militare in Afghanistan, ha paragonato il presidente russo Vladimir Putin ad Adolf Hitler, sostiene con forza la necessità di promuovere la democrazia in tutto il mondo. Tutti ottimi argomenti per ricevere il plauso da parte di certi politici e certe aziende, più vicini al Tea Party che ai liberal».

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