Expo 2015 è una delle armi di propaganda che il sistema dominante utilizza per imporre il proprio modello. L’imbarazzante complicità di Legambiente e Slow Food
di Domenico Finiguerra
Si interpreta a volte il termine “paesaggio” in maniera un po’ elitaria, come se avesse a che fare solo con la bellezza, invece, affrontando questo tema, dobbiamo essere consapevoli che ci stiamo occupando di ambiente a tutto tondo, di terra a tutto tondo e di tutela di un bene fondamentale per il nostro Paese, come indica, in maniera forte e chiara, l’articolo 9 della nostra Costituzione: «La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione». La Carta Costituzionale impegna così la politica a considerare il paesaggio un elemento di grande ricchezza, vincolandolo anche a quell’eredità che abbiamo ricevuto dalle passate generazioni e che dovremmo trasmettere a quelle nuove.
Credo che, alla vigilia di Expo 2015, per parlare oggi di agricoltura in Italia non si possa non partire da qui, anche in riferimento a quanto evidenziava João Pedro Stédile a proposito di uno scontro permanente tra due progetti antagonisti, quello del capitale e quello dei lavoratori, e della necessità di condurre la nostra battaglia politica in tutti gli spazi possibili. A tale riguardo, si può senz’altro affermare che Expo 2015 è una delle armi di propaganda che il sistema dominante utilizza per imporre il proprio modello. E questo è apparso evidente fin dall’epoca della candidatura di Milano, quando Expo 2015 è stata vista come una grande opportunità di costruzione del consenso. Ricordo bene la parata del sindaco Letizia Moratti e del presidente della Regione Roberto Formigoni sul pullman scoperto per festeggiare la vittoria di Milano. E non si riusciva a trovare un solo sindaco che si opponesse a Expo 2015, tant’è che l’unica voce contraria che si è riusciti a trovare è stata la mia, quella di un sindaco di un piccolo comune della provincia milanese, Cassinetta di Lugagnano, che da anni portava avanti una battaglia in difesa del territorio, attraverso l’adozione di un piano regolatore che non prevedeva consumo di suolo. Tutti volevano Expo, perché Expo era per l’appunto un’arma di propaganda. E lo slogan coniato per vincere la nomination – “Nutrire il pianeta, energia per la vita” – è davvero una beffa e un insulto all’intelligenza, considerando la cementificazione di mille ettari di terreno agricolo. O considerando che l’acqua ufficiale di Expo 2015 non sarà quella dell’azienda municipalizzata a capitale pubblico, nel Paese i cui cittadini hanno votato in massa per difendere l’acqua dalla privatizzazione, ma quella della Sanpellegrino, una controllata della Nestlé.
Questa grande opera di propaganda, pertanto, avrebbe richiesto un fortissimo movimento di opposizione. Eppure, a sostegno della candidatura di Milano si sono schierate organizzazioni che mi sarei aspettato di vedere piuttosto dall’altra parte della barricata, come Legambiente e Slow Food. E questo perché si vendeva alla cittadinanza italiana l’idea di Expo come una grande opportunità di sviluppo, di crescita, di creazione posti di lavoro (tutti precari). Per non parlare del fatto che ne stanno arrestando uno al giorno e che c’è da sperare che ne rimanga qualcuno a piede libero per inaugurare l’evento.
Un altro tema fondamentale per parlare di territorio e di agricoltura in Italia è quello delle grandi opere e del decreto Sblocca Italia. Se in Italia il consumo di suolo procede al ritmo di 8 mq al secondo, vuol dire che dovremmo fermarci subito, non fra tre anni, come indica una legge approvata giorni fa dalla Commissione Territorio e Infrastrutture della Regione Lombardia, così da permettere nel frattempo di realizzare le volumetrie previste dai Piani regolatori di tutti i comuni della regione, per la gioia delle lobby del cemento. E proprio come sta avvenendo con il Ttip – che si sta negoziando segretamente, senza discuterne con i sindacati, con i lavoratori, con le organizzazioni che operano nei settori del commercio e dell’agricoltura – si nascondono ai cittadini italiani molte scomode verità: i dati sul consumo del territorio non vengono diffusi, perché chiunque sobbalzerebbe oggi in Italia di fronte al fatto che in Lombardia si consumano 13 ettari al giorno e che la Provincia di Milano è cementificata per il 43%. In questo quadro, di quale agricoltura possiamo parlare? E lo Sblocca Italia sarà un’ulteriore spinta sia alla cementificazione sia ad altri interventi invasivi finanziati con risorse pubbliche, a cominciare dalla Orte-Mestre, una grande autostrada di 400 chilometri che attraverserà un terreno non ancora fortemente antropizzato, con uno sconto fiscale di quasi 2 miliardi che quindi pagheremo noi.
Dobbiamo collocare nuovamente all’orizzonte della politica per la terra il tema dell’accesso alla terra stessa, a partire dalla Costituzione: contrariamente a quanto vuole farci credere la retorica dominante negli ultimi anni, la proprietà collettiva della terra viene prima della proprietà privata. Paolo Maddalena, vicepresidente emerito della Corte Costituzionale, dimostra, partendo dal Diritto Romano, e basandosi sulla Costituzione, che la proprietà privata è fortemente limitata dall’obbligo della sua funzione sociale. Non a caso, c’è chi, partendo da vecchie proposte di alcuni parlamentari del Pd, ha suggerito di modificare l’articolo 41 della Costituzione («L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana») cassando il secondo comma. Ossia, «l’iniziativa economica privata è libera», punto. Senza alcun dovere di rispettare l’utilità sociale. La Costituzione tutela la proprietà privata fintanto che svolge una funzione sociale. Un grattacielo di 200 piani vuoto ha una funzione sociale? Un’azienda che delocalizza ha una funzione sociale? Una grande impresa agricola che uccide i piccoli agricoltori ha una funzione sociale o solamente speculativa? Gli strumenti li possediamo già, si tratta soltanto di operare delle scelte. Scelte che spettano alla politica. Noi chiediamo che la politica non venga più soffocata dalla retorica, come avvenuto con Expo 2015.
fonte Agenzia Adista
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