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Si scrive Cpt, Cie, Cara, Hotspot. Si legge guerra ai migranti

Il sequestro di sette centri per migranti in provincia di Avellino per alcune ore ha scandalizzato i cronisti. Ma non è nulla di nuovo, sono quasi vent’anni che si denunciano le condizioni in cui sono detenuti i migranti

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Sequestrati sette centri per migranti in provincia di Avellino. Cibo scadente, strutture fatiscenti, scarse condizioni igienico-sanitarie, una realtà emersa da una serie di esposti della CGIL. La notizia, in breve, è questa. Stupore, imbarazzo, scarsa convinzione (non è il titolo in primissimo piano nelle prime pagine o la prima notizia del telegiornale per nessuno …), si sottolinea possibili collegamenti con Mafia Capitale, perché una delle società coinvolte nella gestione dei centri sequestrati vi sarebbe stata coinvolta, ma anche i “giornali di centrodestra” non hanno potuto non riportarla. Stavolta la storiella dei “clandestini” e dei “profughi” alloggiati in hotel di lusso  non è di casa. Sarà per questo che sui social network i due maggiori “leader” della destra italica, sempre attivi sul “dare notizie”, non sembrano neanche essersi accorti di quanto accaduto.

Ma, al di là di propaganda, strumentalizzazioni, xenofobia, allarmismi mediatici e politici la realtà è questa. Quanto accaduto ad Avellino è solo l’ultimo episodio di un libro nerissimo che racconta di lager, abusi, violenze e tanto altro nei centri nati con la legge Turco-Napolitano, confermati dalla Bossi-Fini e modificati nel maggio 2008, quando Maroni era appena diventato Ministro dell’Interno. Nei mesi scorsi l’Espresso, terrelibere.org e un rapporto di Asgi, Oxfam e A Buon Diritto hanno denunciato la situazione negli hotspot, tanto richiesti dall’Europa e sbandierati da Alfano e Renzi, dove non viene minimamente garantito il diritto all’asilo politico (su Popoff lo abbiamo  riportato in un articolo di Giovanna Vaccaro https://www.popoffquotidiano.it/2015/12/16/approccio-hotspot-cosi-la-fortezza-europa-respinge-uomini-e-diritti/  e in un’intervista al prof. Fulvio Vassallo Paleologo https://www.popoffquotidiano.it/2015/10/09/gli-hotspot-in-sicilia-laboratorio-europeo-sulla-pelle-dei-migranti/ ). Sul Cara di Mineo, definito nel dicembre 2011 una “vergogna italiana” da Antonio Mazzeo, la Rete Antirazzista negli anni ha documentato che alla terribile situazione di indigenza si sono accompagnati persino caporalato e sfruttamento della prostituzione.

Tra i casi più significativi sicuramente può essere citato il centro “Regina Pacis”, gestito per anni da don Cesare Lodeserto, per alcuni anni anche segretario particolare dell’allora arcivescovo di Lecce Cosmo Ruppi. Il documentario del regista RAI Stefano Mencherini “Mare Nostrum”, mai trasmesso dal servizio pubblico nonostante anni fa fu richiesto anche da una campagna sull’informazione sociale lanciata da PeaceLink, Articolo21 e Melting Pot e che ebbe tantissime adesioni, portò all’apertura di quattro procedimenti giudiziari nei confronti di Lodeserto. Il centro chiuse definitivamente nel 2006, mentre i procedimenti nei confronti di  Lodeserto hanno avuto destini diversi. A due assoluzioni e una prescrizione si sono aggiunte condanne per “sequestro di persona”, “minacce”, “truffa aggravata ai danni dello Stato” e “simulazione di reato”. Ma, resero noto nel 2011 due interrogazioni parlamentari, Lodeserto si è trasferito in Moldavia dove continua a gestire altri progetti della Fondazione “Regina Pacis”. L’anno prima Stefano Mencherini aveva denunciato che in Moldavia Lodeserto collabora anche con l’ambasciata italiana e “praticamente gestisce l’ufficio visti del consolato” (http://www.stefanomencherini.org/ita/index.php?option=com_content&task=view&id=102&Itemid=26 ).

Il CIE costruito a Lampedusa nel 2009 risultò essere addirittura abusivo in quanto mancavano alcune autorizzazioni per alcuni lavori. Nello stesso anno emerse la storia di Joy, una ragazza nigeriana detenuta in un CIE a Milano. Partecipò ad una protesta nell’agosto 2009 contro le disumane condizioni di detenzione e, testimone la sua compagna di cella, denunciò un tentativo di stupro da parte di un ispettore di polizia. Ricevette una denuncia per calunnia e l’espulsione dall’Italia. L’anno prima furono assolti, per “causa di giustificazione”, coloro che nel marzo 2003 repressero le proteste per la brutalità con la quale nelle ore precedenti era stata fermata la fuga di due migranti in un Cpt di Bologna. Ci furono cariche, lanci di lacrimogeni e alcuni migranti furono pestati a sangue. In una stanza alcuni migranti si erano offerti di aprire volontariamente la porta se il brutale pestaggio fosse stato fermato. La risposta fu “la sfondo e sfondo anche voi”.

Un’ampia documentazione sui migranti morti, causati anche da degrado, abbandono, abusi è stata raccolta con il progetto d’inchiesta “Morti di CIE” ed è riportata sul sito http://www.mortidicie.org.

Dino Frisullo (che ci manca più che mai), il primo a denunciare quel che accadeva negli allora nascenti Cpt, nel novembre 2001 scrisse che l’Italia era “in guerra contro i migranti”. L’anno prima concluse il racconto “Il Giuramento”, ispirato ai fatti avvenuti nella notte tra il 28 e il 29 dicembre 1999 nel Cpt “Serraino Vulpitta” di Trapani e culminati in un terribile rogo, scrivendo di vergognarsi per quelli che definiva lager, “luogo di concentramento e reclusione di essere umani non colpevoli di reati”. Il 3 giugno 2003 si concluse la vita terrena di Dino. Sono passati quasi 13 anni ma, come dimostrano anche i sequestri in provincia di Avellino, basterebbe cambiare la data alle sue denunce degli abusi e delle violenze negli allora Cpt e parleremmo della strettissima attualità.

 

Alessio Di Florio

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