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“Perito massone, via dal caso Cucchi”

Esclusivo. La famiglia Cucchi denuncia il perito nominato dalla Procura, sarebbe ancora massone sebbene “in sonno”. La perizia è in sospeso dal 26 febbraio

di Ercole Olmi

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Sarebbe ancora un massone, il professor Introna, magari in sonno, come si usa definire i fratelli muratori non più assidui. Non solo, il noto medico legale barese avrebbe cantato la mezza messa alla gip di Roma che il 29 gennaio scorso gli chiedeva conto proprio della sua appartenenza al Grande Oriente d’Italia. Introna dovrebbe condurre la nuova perizia disposta nell’ambito del cosidetto Cucchi-bis ma la famiglia del geometra romano lo ha appena denunciato. Popoff, venuto in possesso delle carte in modo forse rocambolesco, ha potuto apprendere tutta la preoccupazione dei familiari di Stefano, i dubbi seri sulla sua imparzialità e terzietà, come più volte hanno stabilito il Csm e la cassazione, nel timore che “antichi doveri” e vincoli di fratellanza, anche per “fratelli in sonno”, distolgano magistrati e periti dai loro doveri. I familiari di Cucchi e il loro legale, Fabio Anselmo, non confermano ma nemmeno smentiscono il contenuto di questo articolo.
Era stata già la famiglia di Stefano Cucchi a sollevare il problema e chiedere la revoca di Introna dalla guida del collegio peritale che deve stabilire il nesso tra il pestaggio subìto nelle ore successive all’arresto, quand’era in balía dei carabinieri, e la morte, sei giorni dopo, seppellito nel repartino penitenziario del Pertini, in balía dell'”inaccettabile inerzia” (parole recenti della Cassazione) di medici che stanno per tornare sul banco degli imputati.
Quel giorno di fine gennaio Introna disse alla gip di aver appeso il grembiulino al chiodo nel 1982 ma due ore prima di avviare Bari la nuova perizia, il 26 febbraio, un fax dalla Procura della capitale ha voluto sospendere le operazioni. In quella sede, dichiarava al Giudice «di aver partecipato alla Loggia Saggezza Trionfante nel 1980 e di esserne uscito nel 1982 definitivamente precisando che né appartiene e neppure è “in sonno” rispetto ad alcuna loggia massonica. Aggiunge in tal senso che non ha alcuna
conoscenza e/o collegamenti con la “Loggia del Grande Oriente d’Italia” citata dai difensori». 
Però, successivamente all’udienza prima citata, in occasione di un secondo accesso al G.O.I., l’Avv. Anselmo veniva informato del fatto che Introna risulta collocato “in sonno” a partire dal 1° maggio 1983 ma “non risulta essere stato mai depennato dalle liste ed è pertanto ancora regolarmente iscritto alla loggia massonica”, come si legge nel documento che siamo riusciti a consultare. 
Dunque Introna in qualsiasi momento può riprendere le attività massoniche senza necessità di particolari formalità, mentre se fosse stato cancellato, come da lui riferito al Giudice, non potrebbe farvi rientro se non dopo una particolare procedura molto complessa e dall’esito tutt’altro che scontato.
Il suo nominativo non compare nelle liste informatiche degli iscritti, ma soltanto attraverso una ricerca effettuata nelle liste cartacee detenute nella sede romana del Grand’Oriente in via San Pancrazio 8. Tali conoscenze emergono da indagini dei difensori delle persone offese che la Procura della Repubblica, con i poteri di cui dispone, potrà senz’altro riscontrare.
Se davvero è cosí “emegerebbe chiaramente che il Prof. Introna, nell’udienza del 29 gennaio 2016, ha mentito al Giudice per le Indagini Preliminari che di lì a poco lo avrebbe nominato perito nel procedimento in oggetto”. Introna «afferma fatti non conformi al vero»”? Non possino che aumentare inesorabilmente ” le perplessità sulla condotta, limpida e imparziale, del perito in quanto le garanzie di affidabilità che egli offre diminuirebbero sensibilmente fino a scomparire”. 


C’è una specie di giallo nella vicenda decisamente noir di Stefano Cucchi, arrestato per droga, pestato selvaggiamente da alcuni carabinieri che poi sarebbero stati aiutati a depistare le indagini. Una notte da incubo in almeno tre caserme dell’Arma sfociata in una paradossale udienza di convalida. In quella sede fu stabilito che Stefano fosse un albanese, senza fissa dimora e sei anni più vecchio dei suoi ventinove anni. Dopo un andirivieni tra Regina Coeli e il Fatebenefratelli, in condizioni fisiche disperanti, Cucchi fu spedito al Pertini grazie allo strano interesamento di un pezzo grosso del Dap. E al Pertini morì dopo un calvario di sei giorni.
A più di sei anni dai fatti, saranno le investigazioni difensive a consentire di riaprire un caso per il quale due processi non erano riusciti a dare un volto e un nome ai colpevoli. Infatti, fin dalle prime ore, il ministro della Difesa dell’epoca, Ignazio LaRussa, era riuscito a tenere i carabinieri fuori dalle indagini. Poi l’avvocato Anselmo è riuscito a trovare due carabinieri testimoni della strategia di depistaggio scattata già la notte dell’arresto. Così la Procura di Roma ha potuto tirare fuori quegli elementi di
dirompente novità che hanno portato all’indagine su cinque uomini in divisa da carabiniere. 

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