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Dalle lotte il Piano B degli oppressi

Prima il corteo Stop Ttip e l’indomani una grande assemblea a Roma per un Piano B contro l’austerità. Alla ricerca di spazi di conflitto e movimento contro questa Europa

di Franco Turigliatto

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Parigi, 28 aprile 2016

Domenica 8 maggio a Roma in un’assemblea partecipata e plurale si incontrano molteplici forze sociali, politiche, sindacali per riannodare il filo di una riflessione sulla costruzione in Europa e in Italia di una alternativa alla controrivoluzione liberista delle classi dominanti, alle politiche dell’austerità, alla guerra, alla costruzione dei muri e alla folle corsa ai profitti foriera di una drammatica catastrofe ambientale. E saranno a Roma già il 7 maggio per partecipare alla manifestazione nazionale contro il TTIP.

Si incontrano le forze che vogliono costruire il cosiddetto piano B, cioè un progetto di giustizia sociale, di difesa e sviluppo della partecipazione democratica e della attivazione di tutti i soggetti sociali colpiti dalle politiche della borghesia, un progetto di autoorganizzazione delle classi subalterne per costruire una rapporto di forza materiale e politico volto a ribaltare gli assetti di potere della classe borghese. Per noi questa significa una strategia e una lotta anticapitalista per aprire una fase di transizione al socialismo.

L’alternativa è l’anticapitalismo

Oggi, molto più di cento anni fa ci sarebbero le risorse e le conoscenze scientifiche e tecnologiche per costruire una società democratica e solidale e un benessere diffuso; invece le polarizzazioni e le ingiustizie sociali sono all’estremo e il capitalismo mostra appieno il suo volto distruttivo. Abbiamo così di fronte un terribile paradosso: il rovesciamento di questo sistema è più che mai necessario per garantire il futuro dell’umanità e nello stesso è più difficile di prima realizzarlo perché i rapporti di forza si sono profondamente deteriorati a scapito delle classi lavoratrice. Ma non possiamo rinunciare a lottare.

E’ un compito straordinariamente difficile, un percorso lungo che potrà essere vincente solo se, come è possibile, sulla scena politica e sociale, cioè nella storia, irromperanno tutti gli strati oppressi e sfruttati della società. Non è un sogno utopistico; anche in questi anni difficili di violento attacco delle classi dominanti, dalla Grecia al Portogallo, dalla Spagna alla Francia si sono stati presenti elementi, se pure parziali, di questo desiderio di ribellione e riscossa delle classi subalterne.

Il percorso dell’alternativa al capitalismo può e deve essere costruito attraverso, la solidarietà e il sostegno alle lotte che si manifestano, attraverso lo sviluppo delle iniziative di resistenza sociale e di lotta sui diversi terreni, sulla loro unità e coordinamento (il conflitto sui luoghi di lavoro, la battaglia democratica, la difesa ambientale, le nuove grandi migrazioni), sulla loro unità e coordinamento, ma anche individuando gli assi di una strategia politica.

Un primo cantiere

L’assemblea di Roma è solo un primo cantiere per far avanzare nel nostro paese questo percorso. E’ difficile; ma è già un successo averlo organizzato contro venti e maree; le adesioni che stanno arrivando copiose in questi giorni dimostrano che l’iniziativa corrisponde a un’esigenza sentita da molti militanti sociali e politici nel nostro paese. E’ una scelta diversa da quella delle forze maggioritarie della sinistra, caratterizzata da un approccio istituzionale elettoralista alla politica, incapaci di superare una prospettiva di liberismo temperato e di rompere fino in fondo i cordoni ombelicali con il PD, un partito che gestisce per conto della borghesia italiana le politiche dell’austerità.

L’idea di costruire in Italia un’assemblea per discutere di un piano B è nata nella delegazione italiana presente al grande meeting di Madrid di febbraio che ha visto la partecipazione “di alcune migliaia di persone, tra cui eurodeputatE del GUE, esponenti di Podemos, Izquierda Unida, Anticapitalista, la Piattaforma dell’auditoria cittadina contro il debito, ATTAC, CADTM, economistE e ambientalistE europee, lavoratrici in lotta contro la chiusura delle loro aziende, sindache e amministratrici espressione di movimenti di lotta”.

Sono queste correnti politiche e sociali che con grande determinazione, trovando scettiscismo ed anche ostracismo hanno voluto costruire questo momento di discussione: per questo a Roma si ritrovano diversi soggetti, i protagonisti di liste alternative locali, le correnti critiche prodotte dalla crisi de L’Altra Europa e di Rifondazione, Sinistra anticapistalista, altri soggetti che hanno costruito la battaglia referendaria sulle trivelle e/o che animano la manifestazione di sabato contro il Ttip; giuristi che stanno lavorando per il NO al referendum costituzionale dell’autunno e molti militanti delle battaglie sindacali e sociali che anche in questi ultimi mesi difficili si sono manifestate. Anche la segreteria di Rifondazione, pur con alcune critiche e riserve, ha deciso un mese fa di aderire.

In tutti questi c’è la comprensione che il loro lavoro specifico, per quanto importante, se non inserito in iniziative più ampie e unitarie e nella costruzione di un progetto complessivo, rischia di risultare vano.

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Partire dalle esperienze concrete della lotta di classe

Sarà un luogo plurale perché si confronteranno analisi, letture e proposte articolate ed anche diverse come è normale e giusto che sia.

Il punto di partenza è naturalmente il giudizio che si da dell’Unione Europea, della sua natura di classe, essere la forma protostatuale che le borghesie europee si sono date per imporre i loro interessi e il loro dominio sulla società. Una struttura non riformabile che è una macchina da guerra contro gli interessi della stragrande maggioranza della popolazione. Nel definire una strategia pensiamo che si debba partire da questa considerazione e dalle concrete esperienze della lotta di classe che si sono manifestate nei vari paesi. Per questo il bilancio della vicenda Grecia è obbligato e deve essere uno degli elementi della discussione comune.

In Grecia, si è verificata, per chi avesse avuto ancora dei dubbi, la determinazione delle classi dominanti europee di imporre le loro scelte economiche e un mutamente storico dei rapporti di forza a loro vantaggio in Europa; di non essere disponibili ad alcun compromesso, determinate a schiacciare qualsiasi movimento ampio di resistenza. In Grecia si è però anche sperimentata una lunga lotta delle classi popolari che hanno portato al governo una forza di sinistra, Syriza, che nel suo programma, proponeva la fine delle politiche di austerità. Nel momento decisivo i gruppi dirigenti maggioritari di questo partito, per la loro storia e per le loro concezioni riformiste non hanno avuto il coraggio e la volontà di rompere, com’era indispensabile, con gli assetti costituiti della società borghese: rifiutare di pagare il debito, nazionalizzare le banche, riconquistare una piena autonomia economica, finanziaria e, se necessario, anche monetaria. Non l’hanno fatto pur avendo alle spalle l’autorità e la legittimità del referendum vinto e quindi la possibilità di condurre lo scontro con le classi dominanti locali ed europee grazie a un forte sostegno popolare e all’attivazione militante dei lavoratori. Era un percorso molto difficile, ma l’unico corrispondente agli interessi della classe lavoratrice. L’altra scelta, quella della capitolazione e del piegarsi al terzo memorandum, diventando il secondo governo Tsipras gestore diretto delle politiche dell’austerità, è stata una tragedia per il popolo greco, che, tuttavia, ha risposto due mesi fa con un nuovo grande sciopero generale. Ma la vicenda greca è stata anche una tragedia per tutte le forze antiliberiste e anticapitaliste europee; obbliga le sinistre a una vera discussione strategica e a una riflessione sui limiti dei movimenti di solidarietà e sulla necessità di una nuova dimensione internazionalista.

In Italia le forze maggioritarie della sinistra ancora rifiutano di guardare in faccia la realtà greca e continuano a sostenere e /o riferirsi a Syriza, come se gli avvenimenti dello scorso hanno non ne avessero cambiato i lineamenti.

Non a caso sono invece i soggetti politici e sociali che hanno riflettuto sull’esperienza greca e sulla parabola di Syriza che hanno animato l’assemblea di Madrid e lavorato per l’appuntamento di Roma.

La discussione dell’8 maggio passa anche attraverso esperienze successive maturate in altri paesi che presentano interessanti risvolti positivi: in primo luogo le mobilitazioni sociali nello stato spagnolo, la crescita di Podemos, le dinamiche elettorali, lo sviluppo dei movimenti “cittadini”, le giunte alternative che in tante città di quel paese si sono affermate, la crisi dell’alternanza dei partiti che rappresentano la borghesia.

In queste ultime settimane c’è stata poi l’irruzione improvvisa di un grande movimento di massa in un paese, la Francia, che sembrava dominato da un’involuzione profonda: leggi speciali, stato di emergenza e un governo “socialista” che in un anno ha voluto imporre tutte le misure della controrivoluzione liberista.

Tutte queste esperienze a Roma vivranno negli interventi degli ospiti internazionali, dal compagno greco dirigente sindacale e di Unità popolare, al compagno francese portavoce dell’NPA, ma anche dirigente sindacale e militante operaio della Ford e alla giovane studentessa, e infine in quelli dei numerosi ospiti dello Stato spagnolo.

Le vicende italiane

Dovremo riflettere anche sulle vicende italiane, sull’offensiva borghese che non ha mai trovato le risposte necessarie, sulla distruzione dello Statuto dei lavoratori e la controriforma della scuola per non parlare di quella costituzionale che dovrà passare al voto decisivo nel prossimo autunno. Dovremo anche riflettere sulle scelte delle direzioni sindacali che in questi anni si sono subordinate totalmente alle politiche dell’austerità, non solo rinunciando a costruire un movimento, ma anche lavorando, quando questo si è sviluppato contro il Job act e sulla scuola, per disattivarlo il più rapidamente possibile. Le direzioni dei sindacati oggi non sono la soluzione ai problemi dei lavoratori, ma costituiscono una causa fondamentale delle difficoltà del movimento operaio, alimentando la sfiducia e la demoralizzazione. Settori significativi di lavoratori guardano addirittura a forze reazionarie come la Lega o cercano una alternativa nell’ambigua proposta interclassista del movimento 5 Stelle non certo interessato alla costruzione di un Piano B.

La discussione sulla ricostruzione di un sindacalismo di classe, non è nelle corde della sinistra italiana (la maggior parte di essa è subordinata in varia misura agli apparati burocratici sindacali) e viene vista come secondaria o lontana anche da alcune forze pure fortemente impegnate nella preparazione dell’8 maggio; essa deve invece far parte della riflessione dell’assemblea. Non si costruisce nessun piano B nel nostro paese, se non si mette mano anche a questa problematica e soprattutto se non si agisce fino in fondo per sostenere quei militanti sindacali che, incontrando la repressione padronale, ma qualche volta anche la repressione burocratica degli apparati, hanno continuato a lavorare per ricostruire la conflittualità sui luoghi di lavoro. Le vicende richiamate più volte su questo sito dei delegati della FIOM negli stabilimenti della FCA (ex Fiat) del Sud congiunte al tentativo dei gruppi dirigenti della Fiom e della CGIL di colpire l’agibilità della sinistra interna e del suo coordinatore, sono emblematiche del livello della crisi sindacale.

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Parigi, 28 aprile 2016

Un piano di lavoro e di iniziative

Ho lasciato per ultima, ma, non è certo la cosa meno importante, la discussione dell’assemblea per definire le proposte di lavoro e di mobilitazione, individuando una agenda di iniziative che sappiano esprimere e valorizzare i movimenti reali di resistenza e di lotta.

L’assemblea di Madrid ha indicato la giornata del 28 maggio, giorno in cui ricorre il 145° anniversario della Comune di Parigi, come data per sviluppare in modo unitario e coordinato iniziative e manifestazioni in tutta Europa che indichino il rifiuto e la resistenza sociale al piano dei nostri nemici, l’austerità, i muri, la guerra, la solidarietà ai migranti.

La Comune di Parigi rappresentò la prima rivoluzione proletaria, la rottura dell’ordine capitalista, la partecipazione e l’autoorganizzazione, la democrazia reale, una finestra aperta sul futuro possibile dell’umanità. Per questo fu schiacciata nel sangue dalla coalizione di tutte le forze possidenti e reazionarie; ma per gli stessi motivi parla ancora oggi a tutte le classi sfruttate ed oppresse. I versagliesi di oggi sono le istituzioni europee, gli uomini della troika, il governo dell’UE e naturalmente le borghesie che possiedono le imprese e le banche.

Una mobilitazione solidale e internazionalista nel giorno dell’anniversario, strettamente collegata ai movimenti reali di lotta che si stanno producendo, indica la comune volontà di combattere contro l’Europa dei padroni, contro gli ingiusti trattati, per un’alternativa antiliberista e anticapitalista.

Sarà l’assemblea a decidere quali percorsi di iniziativa e di mobilitazione saremo capaci di costruire tutti insieme il 28 maggio e già prima, il 15 maggio, dove si annunciano le iniziative collegate a “Nuit debout”, e poi nei mesi che seguiranno.

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