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Roma Capitale delle aggressioni razziste

Roma, un cittadino bengalese e uno egiziano picchiati al centro di Roma da un gruppo di ragazzi italiani. 1.500 casi di discriminazione in due anni

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ROMA – Kartik Chondro, 27 anni, originario del Bangladesh aveva appena finito il turno nel ristorante dove lavora, e voleva solo tornare a casa. Ma alla fermata del bus cinque ragazzi romani, tra i 17 e i 19 anni, lo hanno prima coperto di insulti (“Sporco negro, gli immigrati via dall’Italia”) e poi di botte. Insieme a lui, a fare le spese di una notte di violenza in pieno centro a Roma, anche un cittadino egiziano. Gli aggressori tutti giovani, alcuni dichiaratamente di estrema destra, alcuni minorenni, sono stati denunciati per lesioni, mentre uno di loro (che avrebbe sferrato il calcio più forte in pieno volto) è in arresto per tentato omicidio.L’aggressione razzista a danno di due cittadini immigrati, non è però un caso isolato, ma l’ultima di una serie di episodi di violenza che hanno coinvolto non solo la Capitale ma anche altre città italiane.

Dai Bangal tour agli omicidi, la lista (troppo lunga) delle aggressioni a sfondo razziale. Nella notte di venerdì un uomo senza dimora, 64 anni, rumeno, è stato picchiato e dato alle fiamme a Torino. Le indagini sono ancora in corso, ma l’uomo dice di ricordare solo una persona incappucciata che gli avrebbe versato del liquido infiammabile addosso. Episodi che allungano la lista delle aggressioni a danno di cittadini stranieri negli ultimi mesi. Ad agosto ha fatto il giro del web il filmato di un ragazzo che ad Aqui Terme, in provincia di Alessandria, ha preso a calci un richiedente asilo in un parco. Sempre a Roma, nel quartiere di Tiburtino III un uomo è stato accoltellato davanti al centro di accoglienza gestito dalla Croce Rossa. Una scia di violenza che peggiora negli anni. Nel 2013 la procura di Roma ha avviato un’inchiesta sui cosiddetti “Bangla tour”, raid punitivi a danno di cittadini bengalesi, organizzati da gruppi di destra. Non sono mancati neanche i casi gravi di omicidio. Come nel caso di Muhammad Shazad Kan, cittadino pakistano di 28 anni, picchiato a morte a Roma nel quartiere di Tor Pignattara il 18 settembre 2014. Oppure di Roberto Pantic nella notte tra il 21 e 22 febbraio 2015 a Calcio (Bg), ucciso con un colpo di pistola mentre stava dormendo nella sua roulotte. Sare Mamadou, invece, è stato ucciso da un colpo di fucile in pieno petto perché aveva rubato in un campo un melone, a Lucera il 21 settembre 2015. Emmanuel Chidi Namdi,richiedente asilo nigeriano di 36 anni, è morto il 5 luglio 2016 a Fermo per mano di Amedeo Mancini. Il processo si è chiuso con un patteggiamento: Mancini è condannato per omicidio aggravato dall’odio razziale, ma con l’attenuante della provocazione a 4 anni di reclusione, tramutata in arresti domiciliari.

Nel Quarto libro bianco sul razzismo la fotografia di un fenomeno sempre più preoccupante. “Il razzismo ha ucciso molte volte” ricorda il Quarto libro bianco sul razzismo in Italia pubblicato appena un mese fa dall’associazione Lunaria. Nel lungo report, che analizza il tema da diversi punti di vista ( discriminazioni istituzionali, violenze fisiche e verbali, e altre forme di razzismo) si sottolinea che a “compiere le violenze più tremende sono sia singoli individui che gruppi, che accompagnano quasi sempre la violenza fisica con quella verbale: è proprio quest’ultima a svelare la matrice razzista delle aggressioni. Forse anche per questo per molti degli omicidi ricordati è stata contestata, in alcuni casi anche riconosciuta, l’aggravante prevista dalla Legge Mancino”. Quanto ai dati, seppure come ha osservato l’Ecri (European Commission against Racism and Intolerance) nel suo ultimo Rapporto 2016 dedicato all’Italia, il nostro Paese non dispone ancora di un sistema nazionale coordinato, sistematico e trasparente di raccolta dati sulle discriminazioni e le violenze razziste, ci sono le segnalazione raccolte dall’Unar (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali), dall’Oscad (Osservatorio per la Sicurezza contro gli Atti Discriminatori), nella banca dati del Sistema di Indagine della Polizia di Stato (Sdi), dal Ministero della Giustizia e dall’Istat (Istituto Nazionale di Statistica). L’Oscad ha ricevuto dal 2010 al 2017 un totale di 1.936 segnalazioni di cui 945 ricondotte a reati di matrice discriminatoria.2  Tra questi 579 hanno avuto un movente razzista. I dati registrati nel Sistema di indagine della Polizia di Stato offrono maggiori dettagli sulla tipologia dei reati di matrice specificamente razzista commessi nel 2015 e nel 2016. I reati punibili ai sensi della Legge Mancino archiviati nello Sdi sono stati 188 nel 2015 e 154 nel 2016. Tra questi, le manifestazioni razziste o le esibizioni di simboli razzisti in riunioni pubbliche risultano 98 nel 2015 e 84 nel 2016; gli accessi agli stadi con simboli razzisti 6, tutti nel 2016; la circostanza aggravante qualifica 90 dei reati registrati nel 2015 e 70 nel 2016. Sono invece 67 nel 2015 e 53 nel 2016 i reati registrati con riferimento alla Legge Reale: i reati di propaganda, istigazione o commissione di atti di discriminazione sono 31 nel 2015 e 18 nel 2016; le istigazioni o commissioni di violenze razziste 32 nel 2015 e 28 nel 2016; i reati di partecipazione o assistenza a gruppi razzisti 3 nel 2015 e 3 nel 2016; i casi di promozione o direzione di associazioni o gruppi razzisti 1 nel 2015 e 4 nel 2016. Per quanto riguarda invece gli atti discriminatori segnalati all’Unar (la cui competenza riguarda le discriminazioni di rilevanza non penale), 2.652 delle 2.939 istruttorie aperte nel 2016 sono risultate pertinenti: il movente più ricorrente è quello etnico o razzista (69 per cento). In tutto, in dieci anni, tra l’1 gennaio 2007 e il 31 maggio 2017, Lunaria ha documentato 5.853 casi di discriminazioni, discorsi, materiali di propaganda, offese, danni alle proprietà, aggressioni e omicidi di matrice razzista. Di questi1.483 sono riferiti al periodo tra l’1 gennaio 2015 e il 31 maggio 2017.

“Il periodo più recente, osservato alla luce degli anni precedenti, aggiunge al razzismo ordinario, un razzismo vigliacco e al tempo stesso un razzismo spudorato– sottolinea Grazia Naletto, presidente di Lunaria -. Vigliacco perché non tutti gli autori delle denigrazioni, delle minacce e degli insulti diffusi online oserebbero fare altrettanto di fronte a una persona in carne e ossa. Senza pudore, perché oggi molto più di dieci anni fa, la violenza è una delle modalità ordinarie che caratterizzano il sistema di relazioni sociali e il dibattito pubblico, soprattutto in rete. In un contesto che incoraggia la definizione della propria identità non a partire da ciò che si è, ma a partire da ciò che ci distingue da qualcun altro ed è smarrito il confine tra l’umano e il disumano, il razzismo è considerato legittimo più che in passato, accade che sia rivendicato con arroganza e può condannare a una morte feroce. E sono in molti, tra coloro che non si lasciano contagiare dalla xenofobia e dal razzismo, a disconoscerlo o che tentano, più o meno esplicitamente, di giustificarlo”. (ec)

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TAG: ODIO RAZZIALEMIGRANTIRAZZISMOLUNARIAUNAR

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