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Sinistra antiliberista, com’è andata l’assemblea dei “pazzi” a Roma

La cronaca dell‘assemblea popolare per la costruzione di una lista alternativa al Pd e al centrosinistra per le prossime elezioni politiche

di Checchino Antonini

Si chiamerà forse Bella ciao o Potere al popolo o in un altro modo. Nessuno lo sa ma in molti sanno che ci sarà. Comunque. La “pazza idea” di una lista alternativa della sinistra antiliberista, ostile al Pd, estranea al politicismo che ha soffocato il Brancaccio, ha preso corpo in un teatro di Roma a metà strada tra Termini e Tiburtina. Lunedì arriverà nelle caselle mail di quanti si sono accreditati, all’assemblea popolare lanciata dal centro sociale napoletano Je so’ pazzo, una bozza di programma, seguiranno passaggi nei territori, assemblee cittadine, e un nuovo appuntamento nazionale fra due, più probabilmente, fra tre settimane. Finisce così, senza un documento già scritto in precedenza, e già questo è irrituale, questo appuntamento che ha colmato gran parte delle disillusioni seguite alla liquefazione delle prove tecniche di unità a sinistra che, volgarmente, chiamiamo Brancaccio. Nuove generazioni e militanti più consumati si sono parlati, annusati, riconosciuti. Hanno cominciato a disegnare la mappa – ancora incompleta – delle vertenze territoriali, delle lotte operaie, delle traiettorie politiche, delle battaglie contro la repressione. No Muos, No Tap, No Tav (anche se l’intervento di Nicoletta Dosio, dalla ValSusa salta per motivi tecnici), Almaviva di Roma, autoconvocati della scuola, rete alternativa al G7, rete per l’autorganizzazione popolare, Osservatorio Repressione, Napoli direzione opposta, un operaio dell’Ast di Terni (certamente mi sto dimenticando qualcuno), lavoratori romani contro la privatizzazione dei servizi pubblici, ricercatori precari. E poi le organizzazioni politiche: da Rifondazione al Pci, fino a Eurostop e Sinistra anticapitalista (anche questo elenco è deficitario). In sala, tra gli altri, pezzi dell’Altra Europa e della Rete delle Città in comune, Sandro Medici, Francesca Fornario, la ricercatrice Marta Fana, pezzi dissidenti di Sinistra italiana da Marche e Toscana.

Nei saluti finali, Salvatore, per tutti Saso, spiega che l’assemblea vuole parlare alla diaspora comunista e socialista, a chi non va più a votare, a chi si sente solo. Da qui alla prossima puntata nazionale, si conta di coinvolgere altri pezzi della galassia della sinistra politica e sociale. Ma, di fronte alla possibilità di “esche” che possano essere lanciate in questo campo da altri tavoli, all’ipotesi (forse di scuola) che le segreterie scavalchino una chiamata dal basso, quelli dell’ex Opg, i “pazzi”, lo dicono chiaro: «Noi andremo avanti, fosse pure in un solo collegio». E il paragone è con quelli del Gramna, Fidel, il Che e quei pochi che però riuscirono a entrare in connessione con i contadini cubani e portare a termine la rivoluzione.

Domani Rifondazione terrà la sua direzione nazionale e, quindici giorni dopo, il Cpn che dovrebbe sancire l’approdo ma Maurizio Acerbo ha pronunciato parole che sembrano di non ritorno: «Se ci sarà una lista di sinistra, sarà quella che esce da questa sala!». Il segretario di Rifondazione lo ha detto in fondo a un intervento in cui ha provato a spiegare che il suo partito, più che mettere il cappello, è interessato a partecipare alla ricostruzione di una sinistra popolare e di massa «che non sia quella confiscata da quelli del governo Renzi, del governo Monti, del governo Gentiloni».

«Basta con il meno peggio e con l’illusione di tirare per la giacchetta governi amici», dice anche Sergio Cararo di Eurostop annunciando che una decisione potrà arrivare dalla loro assemblea del 2 dicembre.

A fare da filo conduttore è l’idea di una riappropriazione collettiva della politica, della rappresentanza, della connessione con le pratiche sociali. All’orizzonte, la fine dell’equivoco, il «paradosso clamoroso», come lo definisce Franco Turigliatto di Sinistra Anticapitalista, che chi ha guidato «vent’anni di neoliberismo che hanno cambiato tutto», chi ha bombardato, gestito l’austerità e distrutto l’unità di classe e tra le generazioni, oggi voglia guidare la ricostruzione della sinistra. Turigliatto riprende l’osservazione che già aveva fatto nell’intervista a Popoff, che saranno decisive le lotte, e da lì bisogna ripartire.

Dopo cinque ore di interventi fitti, l’entusiasmo è alle stelle, specialmente tra i napoletani di Je so’ pazzo, il centro sociale occupato nell’ex Opg che ha lanciato questo appuntamento romano subito dopo la fuga “col pallone” dei due tutori del percorso del Brancaccio, Falcone e Montanari. Comunque vada, hanno dimostrato che in tre giorni è possibile riempire un teatro di 800 persone in una città diversa da quella in cui sono radicati. Non che a Roma siano dei perfetti sconosciuti visto che i loro compagni dei Clash City Workers sono conosciuti da quasi tutte le vertenze operai della Capitale per la capacità di intervento ai cancelli, nei picchetti, nelle assemblee. Mica è un caso che, dopo l’introduzione di Viola di Napoli, è stata Stefania di Almaviva a prendere la parola per raccontare la vicenda di lavoratori che non hanno piegato la testa e, per questo (aver rifiutato la proposta di un taglio del 17% a salari di 600 euro) sono stati licenziati dall’azienda e linciati dai sindacati concertativi e dalla stampa per bene, quella che conta. E che in sala non c’è.

Alle 10 c’erano già alcune decine di persone al Teatro Italia per un’assemblea convocata solo per un’ora dopo.

«Alla fine un teatro ce lo siamo dovuto affittare per poter intervenire!», ha esordito Viola dell’ex Opg alludendo a quando lei stessa contestò Gotor, l’emissario di D’Alema sul palco del Brancaccio. «Del Brancaccio – continua – non ci piacevano certi compagni di viaggio». Viola insiste sulla barbarie che avanza, lo spostamento a destra ormai conclamato, su Minniti che si presenta ai funerali di 26 donne migranti uccise dalle sue leggi. C’è una Costituzione da applicare soprattutto quando dice che vanno rimossi gli impedimenti sociali che sono alla base di disuguaglianze crescenti. Ha un linguaggio semplice e diretto, Viola, e più volte viene interrotta dagli applausi: «Facciamo le cose al rovescio», dice spesso esortando il teatro a superare i politicismi, i tatticismi, “le addizioni”, le chiama lei. «Dov’era il No facciamo il Sì!»: l’Internazionale di Fortini, evoca il mutualismo, il controllo popolare, l’esperienza del suo centro sociale nell’ascolto degli esclusi per «riprederci quel popolo che ci hanno levato». I passaggi che suggerisce il suo intervento prevedono una serie di assemblee popolari nei territorio prima di tornare a Roma fra due-tre settimane con poche parole d’ordine, un «programma minimo» capace di far breccia nel popolo.

Cosa sia il “popolo” lo spiegherà, dopo di lei, Manuela, 24 anni, accento campano e pelle nera, nata a Santa Maria Capua Vetere nel ’93 ma senza diritti di cittadinanza. Martedì, per l’ennesima volta, varcherà la soglia di una questura per farsi prendere le impronte digitali e richiedere il permesso di soggiornare nel paese in cui è nata. Bene, è lei a ripulire la parola popolo da ogni ambiguità populista e interclassista: «Sono le persone escluse, violate, sfruttate». Ossia, spiega Eleonora Forenza, eurodeputata Prc-Altra Europa, è la maggioranza della popolazione che il capitalismo divide in minoranze, mette in competizione, condanna alla solitudine. Forenza, una delle prime a essere contagiata dalla “pazza idea”, coglie la suggestione di una esperienza che parte proprio dalla riappropriazione di un luogo, un manicomio, in cui il capitalismo segrega persone condannate da esso stesso a un destino di patologia e devianza. Forenza chiede una campagna elettorale di cui non ci si debba vergognare, che sia chiaro che chi sta col Pse è un avversario di classe e non un possibile alleato. La diretta facebook è disponibile sulla pagina dell’ex Opg che, nelle prossime ore, distribuirà un report certamente più preciso di queste prime note.

 

 

 #accettolasfida #poterealpopolo

18 COMMENTI

  1. Ah ecco. C’è Rifondazione che è zeppa di dirigenti che ce l’hanno con i migranti invece che con i padroni. Un’altra schifezza elettoralistica…

    • Direi proprio di no! Se sei uno che le cose le fa, e non sta seduto in poltrona a commentare come fosse una partita, tre erano le opzioni: fare uno dei micropartitini puristi (insignificanti per la realtà e la storia); fare una rete di realtà locali (per esperienza: importante ma non ti fa fare il salto, cioè non ti consente di provare ad avere un peso nazionale e provare a dettare l’agenda) e forse tra vent’anni, se la controparte intanto non ti ha asfaltato, vedere qualcosa di.unitario; cogliere l’attimo e scompigliare le carte sul tavolo, prendendoti lo spazio che nessuno ti avrebbe concesso. Questa è l’opzione scelta. Avere a che fare con opportunisti, doppiogiochisti, politicanti, poltronari ecc. è un’ovvia conseguenza del fare politica quando cerchi di essere realmente influente. E la garanzia che, qui, la maggior parte di persone che fa politica non è di quella risma è il fatto che si sporcano le mani ogni giorno nel sociale o nelle vertenze di lavoro. Non è un acaso che abbiano parlato molte lavoratrici e lavoratori. Se poi il tuo problema è che non sono stati zittiti immediatamente certi personaggi, forse è perché ti riconosci più nella prima ipotesi o non hai ben in mente come si fa politica (quella vera, non quella politicista).

    • Rifondazione sembra vada dappertutto pur di trovare qualcuno da spremere (vedi Lista Tsipras ,Brancaccio od altro).Comunque l’appello si rivolge anche alla ex diaspora socilisya-comunista,come e’ commentato all’inizio e la Parlamentare Europea ,Forenza,dice subito che “mai con il PSE,avversario storico”.Mi ricorda il SocialFascismo degli anni 30.Lasciamo perdere..anzi proviamo a riperdere in partenza.

  2. Dopo le batoste, le delusioni e la paura di vedere finire tutto prima ancora di vedere la luce, questa è una bella notizia. Avanti, compagni. Senza compromessi e senza tentennamenti

  3. Ennesimo esperimento simil-borghese lanciato da una sinistra che non ha mai rotto i rapporti con le istituzioni borghesi.
    Da comunista romano ripudio un simile esperimento controrivoluzionario.

  4. Di solito il buon Checchino è molto attendibile. Quindi caro Daniele mi puoi dare qualche supplemento di informazioni per farmi capire il motivo di un giudizio così duro? Grazie. Riccardo invece mi pare abbia una visione un po confusa…

  5. Le stesse parole d’ordine dell’assemblea ne svelano la natura e il destino: una lista popolare nata per sopperire alla mancanza della sinistra istituzionale…solo movimenti riformisti e orfani del PCI di Berlinguer potevano partorire una simile piattaforma. Personalmemte credo che le istituzioni borghesi non possono e non potranno mai essere compatibili con un’idea rivoluzionaria comunista (tralasciando la contraddizione parlamentarista della delega del controllo proletario data a un gruppetto di politicanti…)

  6. Allora, Daniele, quelli del centro sociale che hanno organizzato sono dei politicanti…Mi spieghi qual’è la tua “piattaforma” e a che ora c’è la rivoluzione?

  7. Sti “commenti” danno proprio il quadro di chi sta molto nella sua poltrona e poco nelle pratiche.
    Perchè la realtà del popolo, appunto, è quella di mangiare e avere un tetto mentre si nega qualsiasi proposta non abbastanza “rivoluzionaria”, probabilmente col culo al caldo.
    Qui si parla di un livello di repressione crescente a cui l’assenza di una voce nei centri del potere consente di procedere a canali unificati questo degenero e a mettere il dubbio su se ci saranno altre opportunità di intervenirvi. Data la situazione comunque sia serve qualcuno che da dentro protegga le esperienze locali che stanno venendo schiacciate sempre più senza nemmeno suscitare una risposta amplia.

  8. Non dico che i compagni di napoli o di roma siano politicanti, ma più che lo diventeranno se continuano su sta linea di guardare come riferimento politico alla sinistra istituzionale e immettendosi nelle dinamiche istituzionali.
    Candidarsi alle elezioni con un nuovo partito politico (o lista popolare) non è altro che riproporre modelli passati, falliti e fallimentari vecchi di mezzo secolo.
    Da proletario e da comunista (e militante attivo fino a pochi anni fa) io non voterei alcuna lista popolare né alcun Partito Comunista, incapaci per obiettive ragioni di potere politico ed economico di porre alcun cambiamento. La repressione e le lotte si conducono in strada e nelle fabbriche, non nei teatrini parlamentari. Credo che nel 2017 dovremmo aver capito che il parlamento e la delega parlamentare non sono altro che miseri strumenti borghesi di deviaziome delle lotte.
    Stimo i compagni di napoli e di roma, molto attivi nelle lotte proletarie, ma la formazione di una lista elettorale (peraltro con l’idea di colmare il vuoto del PD) comporta, secondo me, la retrocessione politica delle lotte.

  9. Il grande valore di questa esperienza è l’entusiasmo e la voglia di battersi. Di questi tempi non è poco. Purché non resti legata ad una campagna elettorale che regali qualche seggio a
    qualche solito noto. Anche le battaglie elettorali hanno un senso: nelle campagne elettorali l’attenzione dei lavoratori e dei cittad

  10. PERSONALMENTE?rispondo NO.
    UN MIX PRERISCALDATO BERLUSCONI CON LE SUE PLASTICHE FACCIALI E PIU’ CREDIBILE, UNA MISCELANE DI PROPOSITI GIA’ VISTI IN PRECEDENZA MA EVIDENTEMENTE MOLTI SONO ANCORA GLI STOLTI CHE INCIAMPANO SUI TRONCHI ABBATUTI.

  11. Ho 75 anni finalmente sento un urlo forte di tanti giovani costruiamo un alternativa a questo capitalismo, sono con tutti voi.

  12. Checchinoooo! Che ti dicevo che sarebbe stata una cosa seria e vera e che la garanzia di questo era nei promotori, i miei fartellini/sorelline minori (solo per l’anagrafe) di Napoli dell’Ex OPG occupato – JeSoPazzo? Ti sono passati i dubbi, anche quelli un po’ malevoli?! Anche se ovviamente non si deve mai abbassare la guardia nei confronti dei “pezzi de mmerda” che cercheranno di saltare sul carro in corsa per rimediare una comparsata o più!
    Ma questo, te l’avevo detto, le/i compagn* di Napoli lo avevano messo in conto e mi avevano detto in privato e scherzando, ma non troppo :” Proteggeteci voi più vecchi e di esperienza, Aldo proteggici tu…” e io gli ho risposto ovviamente che mi chiamo Aldo e non Gennaro e che non sono manco un po’ santo… 😉

  13. Sono sconcertato dall’affermazione di Riccardo P. che dice che i dirigenti di Rifondazione ce l’hanno con i migranti.
    Mi domando da dove ha ricavato questa bizzarra idea. Riscirebbe Riccardo a citare un qualche esempio ?

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