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Imparare l’arte di perdere e riconoscere le bugie dei vincitori

Cronache romane di un cinema che fa festa, secondo giorno, parte prima. Popoff vi racconta il Festival Internazionale del Film di Roma.

di Giorgia Pietropaoli

still alice

«Mi sono ritrovata a imparare l’arte di perdere». La seconda giornata del Festival Internazionale del film di Roma (per conoscere la prima potete leggere qui e qui) inizia, per Popoff, con un film drammatico capace di strappare qualche lacrima. Si tratta di Still Alice, pellicola in concorso nella sezione Gala e diretta dalla coppia (nella professione come nella vita) Wash Westmoreland e Richard Glatzer, nota soprattutto per il loro lavoro nel cinema indipendente, in quello del documentario e nella pornografia (The Fluffer).
Nel loro nuovo film scelgono di affrontare un tema nuovo: la malattia. O meglio UNA malattia, il morbo di Alzheimer. Alice Howland (interpretata da una Julianne Moore che sembra aver ri/scoperto un nuovo talento) è una rispettata linguista ma la sua memoria comincia a dare segni di deterioramento. Alice si accorge di non ricordare nomi, luoghi, date, persino parole. Dopo esami approfonditi la donna scopre di avere una rara forma di Alzheimer precoce e familiare, trasmessa anche dalla figlia maggiore.

Da quel momento la vita di Alice sarà fatta di piccole lotte per cercare di tenere nella sua testa, il più a lungo possibile, le conoscenze e i ricordi che sembrano sbrindellarsi poco a poco, insieme alla sua stessa identità. «Come ci si sente, intendo veramente?/Non so qual è la prossima cosa che perderò».
Westmoreland e Glatzer si adoperano per far sì che il loro film non prenda mai la strada più breve e furbacchiona, quella che appare facilmente percorribile quando si trattano argomenti come questo. Ovverossia la strada dell’esibizione del dolore. Still Alice si preoccupa di indagare più lo stato d’animo che la sofferenza, più le conseguenze che la disperazione.
«Con il tempo diventiamo ridicoli, incapaci, comici. Ma vorrei farvi capire che io non sto soffrendo. Sto lottando». Perché, anche se s’impara l’arte di perdere, nulla è mai veramente perso. Soprattutto l’amore, che le persone come Alice percepiscono anche quando la loro malattia sembra averle annientate. E forse è questo il messaggio più forte che i due registi vogliono lanciare, sabotando la “via d’uscita” di Alice e obbligando la figlia minore (una sempre apaticamente uguale a se stessa, Kristen Stewart) a tornare a casa. «Di cosa parlava?/…Amore./Sì, mamma, parlava di amore».

Dopo aver testato la resistenza dei condotti oculari della stampa presente, c’è un cambio di sala, un cambio di genere, un cambio di nazione. La seconda scelta della giornata cade su Die Lügen der Sieger (The Lies Of The Victors), thriller politico diretto dal regista tedesco Christoph Hochhäusler, in concorso nella sezione Cinema d’Oggi.
Il film ha come protagonista Fabian Groys (Florian David Fitz), un giornalista d’inchiesta che si ritrova a indagare sul suicidio di un uomo legato a una discarica di rifiuti tossici. «Lo sapevi che la Germania è il maggior importatore di rifiuti tossici?». Affiancato, all’inizio suo malgrado, dalla collega Nadja (Lilith Stangenberg), Fabian scoprirà un intreccio letale tra politica, industria e riciclaggio. Un intreccio che i piani alti, di certo, non sono disposti a svelare. «Io ci vedo del potenziale, in questa storia./Mia nonna ha del potenziale!».

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Hochhäusler si assume il compito difficilissimo di raccontare, con una storia fittizia, la manipolazione dell’informazione, quella compiuta dai potenti e messa in mano a ignari giornalisti, che diventano canale ultimo di divulgazione/mistificazione. Lo fa, forse, con qualche fronzolo di troppo, con qualche scena accessoria e arzigogolata non proprio necessaria, ma il quadro complessivo che riesce a dipingere è, a dir poco, agghiacciante. Riesce a mostrare il datagate senza parlarne apertamente, riesce a svelare il “dietro le quinte” di certe fonti (quelle fabbricate a tavolino) e infine spiattella sottilmente i possibili esiti di una notizia non corretta data in pasto ai giornali.
«È la stampa, bellezza! La stampa! E tu non ci puoi far niente! Niente!». Intervengono anche Deadline –U.S.A. e Humphrey Bogart, in un particolare momento, a sottolineare la forza dell’informazione fallata. Ed è il momento in cui certi “individui” ridacchiano soddisfatti mentre sfogliano l’edizione digitale del settimanale (non ancora pubblicato). «Vediamo se fra gli autori compaiono i nostri nomi».

Il regista ha usato una sceneggiatura che non si basa su una storia vera; perciò tutta l’inchiesta mostrata nel film non è reale ma Hochhäusler ha voluto precisare che, in fase di scrittura, sono stati consultati molti lobbisti che hanno raccontato aneddoti che disegnano, nel complesso, un mondo dove l’alterazione delle informazioni per fini ben precisi è prassi molto, ma molto comune. Non solo oggi, non solo in Germania, non solo nel giornalismo. «Porca… », ha commentato un collega in sala. (Hai presente Snowden? No, eh?)
Non a caso il titolo di questa pellicola s’ispira ai versi di Lawrence Ferlinghetti: «“La storia è fatta/dalle bugie dei vincitori!”/ma non lo immagineresti mai/dalle copertine dei libri di scuola».
E in questo Hochhäusler colpisce nel segno.
Come fanno i vincitori, quando mentono.

STILL ALICE
Regia di Richard Glatzer, Wash Westmoreland
Con Kristen Stewart, Julianne Moore, Kate Bosworth, Alec Baldwin
Drammatico, 99 min.
USA, 2014
Voto Popoff: 3/5

THE LIES OF VICTORS
Regia di Christoph Hochhäusler
Con Florian David Fitz, Horst Kotterba, Lilith Stangenberg, Tilo Werner, Arved Birnbaum
Titolo originale: Die Lügen der Sieger
Thriller, 110 min.
Germania, 2014
Voto Popoff: 4/5

(continua)

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