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Genova, la valle dell’architettura brutale

Genova, dovevano essere una città-giardino. Invece sono un ghetto per migliaia di persone. In un documentario la storia delle Dighe di Begato

di Checchino Antonini

“Paganini cerca casa”, si legge su certi muri di Genova, firmato cerchio e saetta, il segno dei centri sociali. Questo perché nel sacco della città, a cavallo tra i ’70 e gli ’80 – c’è una lapide in un angolo di piazza Sarzano, centro storico – venne rasa al suolo anche la casa natale del celeberrimo musicista che, da allora, è diventato un simbolo per i movimenti di lotta per la casa. Dallo sfacelo di Gran Madre di Dio, il centralissimo quartiere spianato dal trasversale partito del cemento – spuntò l’orrore dei Giardini di Plastica all’ombra della Terrazza Martini. E chi abitava in quei carruggi venne deportato in periferia. Un’emergenza da 13mila sfratti. Molti di loro sono finiti a Begato che una volta era un borgo contadino di Rivarolo, uno dei comuni da cui ha avuto origine la Grande Genova alla fine degli anni ’20. Da tanto tempo, però, è solo periferia. A connotare il paesaggio le Dighe. Niente lago. Solo Dighe a sbarrare la Val Torbella. Dighe fatte di palazzi di venti e più piani, alveari colorati solo dai panni stesi. Dighe che dovevano essere una “città giardino”, immersa nel verde della valle, autonoma dal resto del quartiere, con servizi incastonati nei lunghissimi corridoi e passaggi tra una diga e l’altra. A pochi passi da qui ha vissuto per trent’anni il poeta Edoardo Sanguineti.

Come sempre dei servizi promessi e progettati non ce ne sarebbe stata nemmeno l’ombra. E gli spazi comuni, senza servizi, diventano i luoghi della violenza. Edilizia d’emergenza, architettura brutale per la “società dello scarto”, una polveriera sociale dove sono state dirottate tutte le categorie più a rischio. Imparo quasi tutto questo da un bel documentario che verrà proiettato in anteprima proprio oggi a Genova. Digavox, del regista Ugo Roffi e di tre giornalisti, Ludovica Schiaroli, fondatrice, tra l’altro di Popoff, con Simona Tarzia e Fabio Palli, entrambi di fivedabliu, sito genovese. Palli è anche un fotoreporter referenziatissimo in zone di guerra. La voce degli abitanti si intreccia con le riflessioni dell’architetto Roberto Bobbio e di Luca Borzani, già assessore – un ruolo importante al tempo dell’emersione delle pandillas – e direttore di Palazzo Ducale.

Foto Fabio Palli

Shakif, Alessandro, Anna, Mario, Jolanda raccontano che cosa significhi vivere in torri, quella rossa e quella bianca, rispettivamente da 276 e 245 appartamenti, con il 40% di abusivismo, il 10% vuoti e non assegnati da anni, con una morosità non colpevole altissima. Ascensori quasi sempre rotti o manomessi. Dieci anni fa ci restarono incastrati dentro due membri del governo ombra del Pd. I loro nomi sono Minniti e Pinotti. Una volta ministri alla luce del sole, con Renzi e Gentiloni, non ci avrebbero pensato un secondo a peggiorare le condizioni di vita di tutte le persone che, in Italia, vivono in ghetti come le Dighe, Corviale, Zen ecc… L’uno ministro di polizia, l’altra ministra della guerra. Per una curiosa coincidenza anche Tor Bella Monaca, all’estrema periferia est della Capitale, viene chiamata “Torbella” dagli abitanti dei palazzoni popolari, dighe nel nulla cementificato dell’agro romano. Perché lì o qui si racconta del declino dell’edilizia popolare, materiali scadenti, mazzette, dell’abbandono dell’idea stessa del welfare, di conflitti orizzontali, ossia di guerre tra poveri, dell’ombra del racket, della diserzione della sinistra, dell’ambiguità del “terzo settore” e del volontariato. E di degrado, ma degrado dell’architettura e della politica. Il degrado delle Dighe fu evidente da subito e qualcuno storse il naso dicendo che erano gli abitanti ad essere inadeguati, a non aver compreso il senso del progetto.

Solo a Genova si contano 33mila appartamenti vuoti, a fronte di una popolazione calata di circa 300 mila unità negli ultimi 40 anni. Mille le case pubbliche vuote, le richieste per un alloggio popolare sono il quadruplo, mentre ne vengono assegnate meno di 100 a fronte di mille sfratti l’anno.

Foto Fabio Palli

Tra i primi ad arrivare a Begato c’è Gavino Lai, oggi alla guida del comitato di quartiere, che ripercorre di fronte alla videocamera la parabola della “casa Diga” dal 1984 quando gli viene assegnato l’alloggio a cantiere ancora aperto, fino ad oggi in cui si discute del futuro del mostro. Abbattere o diradare? Oppure chi abbattere? E’ possibile che del risanamento se ne possa occupare un ceto politico e imprenditoriale totalmente responsabile del degrado? Perché a questo servono le inchieste, a porre delle domande con precisione, a fornire strumenti per le risposte. Anche con un finale affidato a una soprano, a sfidare il vento nei ballatoi più alti, anziché a un trombone.

One of these mornings
You’re going to rise up singing
Then you’ll spread your wings
And you’ll take the sky

PRESENTAZIONI a Genova: 

mercoledì 9 maggio alle 17,30 casetta ambientale (Quartiere Diamante) via Maritano 103. Interverranno oltre agli autori, Andrea Chiappori, responsabile Comunità Sant’Egidio, Francesco Corso, coordinamento case Quartieri Collinari, Stefano Quaranta. Modera Matteo Macor, La Repubblica. Con un saluto iniziale del presidente del municipio Valpolcevera Federico Romeo.

A seguire sarà proiettato venerdi 25 maggio ore 21,00 Circolo Enal Cap via Albertazzi; mercoledì 13 giugno ore 17,30 Teatro Altrove piazza Cambiaso.

Foto Fabio Palli

SCHEDA TECNICA

DIGA VOX – Testimonianze dalla Diga di Begato, da un soggetto di Ugo Roffi, Ludovica Schiaroli, Fabio Palli, Simona Tarzia regia: Ugo Roffi; riprese: Ugo Roffi | Fabio Palli | Matteo Zingirian; montaggio: Ugo Roffi; interviste: Ludovica Schiaroli | Simona Tarzia; assistente tecnico: Rolf Groming; musiche:Triste pluie (version orchestre) di eNoz, Deep Atmospheric Documentary Music di La Repeticion, Globe di eNoz, Sun System – LSV mix di eNoz, Documentary Film Background di La Repeticion, Summertime di George Gershwin – esecuzione vocale Irene Cerboncini. durata filmato 30 min. realizzazione: novembre 2017- aprile 2018. Si ringrazia il prof. Luigi Lagomarsino e Cart Produzioni per il materiale d’archivio

In ordine di apparizione:

Jolanda Ferrario, Anna De Renzis, Angelo Bodrato (farmacista), Roberto Bobbio (architetto), Luca Borzani (storico), Chafik Affes, Alessandro Di Cristina, Gavino Lai (presidente circolo culturale Polisportiva Diamante), Mario Lo Puzzo (comitato Diamante), Francesco Corso (segretario comitato quartieri collinari)

Gli autori:

Ugo Roffi, montatore, cameraman, fotografo e videomaker genovese, dopo una lunga esperienza nelle televisioni, lavora oggi come freelance. Tra i suoi lavori per l’editore Chiarelettere il docufilm “Il Canto del Gallo”, una testimonianza su Don Andrea Gallo e il pluripremiato mini-docu “Giovanni Burlando’s Vision”.

Ludovica Schiaroli, giornalista si occupa di comunicazione da oltre vent’anni. Ha curato le interviste per “Il Canto del Gallo” e per il mini-docu dedicato al campione motociclistico “Giovanni Burlando’s Vision” entrambi diretti da Ugo Roffi. Collabora con il sito popoffquotidiano.it.

Fabio Palli, fotografo specializzato in social issues, ha lavorato  per alcune agenzie internazionali come Grazia Neri, Emblema, La Presse e Zuma Press. Presente in teatri operativi come Bosnia, Kosovo, Serbia, Libano e Striscia di Gaza. Vincitore del Nikon Photo Contest nell’anno 2002 e selezionato per il Best Photojournalist nel 2006. Nominato ambasciatore onorario di Palestina nel 2012. Oggi è editore della testata giornalistica fivedabliu.it.

Simona Tarzia, laureata in Storia e con due master in europrogettazione, ha lavorato per l’agenzia di comunicazione Lever S.r.l., per la quale si è occupata di progettazione europea. Ad oggi, dopo aver conseguito un master in giornalismo ambientale promosso da Legambiente e dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, è cofondatrice e blogger specializzata in tematiche sociali e diritti umani per la testata giornalistica fivedabliu.it.

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