In un portale, mappatura e ricontestualizzazione di strade e edifici del Ventennio. La memoria di un passato che non passa [Chiara Nencioni]
Martedì 22 novembre alle ore 16.00 presso la casa della memoria di Milano è stato presentato il portale sui “luoghi della memoria fascista” curato dall’Istituto nazionale Ferruccio Parri, per mappare e ricostruire la storia dei “luoghi della memoria” locale e nazionale del fascismo storico (1919-1945).
Il portale web sarà in continuo aggiornamento, in perpetuo dialogo con ricercatori e comunità locali e costantemente implementabile.
Le nostre città e il nostro paese conservano molte tracce del passato fascista (il passato che, ahimè, non passa), sotto forma di edifici, obelischi, monumenti, ma anche nomi di strade e di vie, lapidi, iscrizioni, scuole ed edifici pubblici.
Alcuni esempi: il Monumento ai martiri della rivoluzione fascista, del 1932, che si trova ancora a Bologna nel VI Chiostro del cimitero monumentale della Certosa; l’obelisco con la scritta DUX al Foro Italico; l’Ex Casa del Fascio a Valdagno (provincia di Vicenza), dove, sebbene siano stati rimossi la scritta DUX e i fasci, sono ancora visibili l’aquila imperiale e la M di Mussolini sulla facciata principale e una rappresentazione dell’impero fascista su una facciata laterale.
Mussolini in persona nel 1931 firmò una circolare che obbligava ogni paese a intitolare una strada non secondaria alla capitale. Non a caso oltre 8.000 comuni italiani hanno una via, una piazza o un corso Roma. Ma ci sono toponimi ben più imbarazzanti. E questo attivismo odonomastico non si ferma neanche ai giorni nostri, basti pensare alla proposta del sindaco milanese Giuseppe Sala, di dedicare una via a Craxi o a quella di Sgarbi di onorare l’aviatore Italo Balbo – lo scorso anno il comune di Orbetello (provincia di Grosseto) ha dedicato a costui l’idroscalo – o il comune di Terracina, propenso a intestare una piazza alla memoria congiunta di Berlinguer ed Almirante, “par condicio” già applicata nel 2018 a Grosseto che ha intitolato una strada a Berlinguer e l’altra ad Almirante.
A Latina, sopra il portale del balcone del Comune si trova ancora una lapide che riporta una citazione tratta dal discorso inaugurale di Mussolini del 1932: «I contadini ed i rurali debbono guardare a questa torre che domina la pianura e che è simbolo della potenza fascista convergendo verso di essa troveranno quando occorra aiuto e giustizia». A Mestre addirittura abbiamo un liceo dedicato a un fascista: il Liceo Raimondo Franchetti, un esploratore in piena guerra italo-etiopica morto nel 1935.
In alcuni casi, quando simboli, monumenti e nomi di strade sono presenti nella nostra vita quotidiana senza essere oggetto di commemorazione o ricostruzione memoriale specifica, essi giacciono lì muti ma presenti e sono il segno di una storia che ha fatto fatica ad essere ripensata e rielaborata. In altri casi questi luoghi sono invece oggetto di commemorazioni e cerimonie che portano segni politici diversi: ad esempio il memoriale a Graziani a Affile. Stupisce tristemente che la Cassazione (sentenza 11576) del marzo 2021 abbia annullato le condanne disposte, sia in primo grado sia in appello, nei confronti del sindaco di Affile e di due assessori per apologia di fascismo, sollevando l’indignazione della stampa internazionale.
Questi luoghi sono il segno di un paese che non è del tutto diventato antifascista e sono divenuti presidi di una memoria minoritaria, ma che riappare carsicamente nella storia d’Italia, di neofascisti in aumento e della nuova destra al potere, che cercano di costruire un ponte che legittimi il presente attraverso la storia del passato fascista. Per riflettere su questi fenomeni, l’Istituto nazionale Ferruccio Parri ha pubblicato una mappa online e un libro I luoghi del fascismo. Memoria, politica, rimozione, di Giulia Albanese e Lucia Ceci, edito da Viella, per censire i luoghi superstiti del fascismo e per mettere a fuoco la diffusione capillare dell’eredità fascista nelle nostre città.
Si può vedere che strade, monumenti, lapidi sono uniformemente distribuiti nella penisola, con una predilezione del Sud per le origini del fascismo.
L’atlante dei luoghi della memoria fascista non è finalizzato a distruggerli e dimenticare, ma mira a ricontestualizzarli, storicizzarli e risemantizzarli, come è stato mirabilmente fatto ad Andrea di Michele a Bolzano, nella piazza della Vittoria poi rinominata piazza della Pace. “L’Arco voluto da Mussolini rappresenta il più importante tentativo di riappropriazione democratica della memoria monumentale del fascismo” scrive Albanese. Oggi l’arco, con interessanti installazioni al neon che lo risemantizzano, ospita un percorso espositivo sulle dittature fascista e nazista. Un lavoro di storicizzazione che in Italia è rimasto, purtroppo, abbastanza isolato.
Il progetto si rivolge anche a una sinistra distratta e sonnacchiosa – afferma Filippo Focardi, direttore scientifico dell’Istituto Nazionale Ferruccio Parri – che pensa che il fascismo sia un ferro vecchio. Ma anche i ferri vecchi, se vengono riempiti di nuovo carbone ardente, riprendono ad ardere, come quella fiaccola che la Meloni ha voluto sotto il proprio simbolo di partito.
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