Il caso del licenziamento dell’ex portavoce di Corso Italia e le speculazioni di stampa e tv di destra. Intervista con la portavoce dell’area di sinistra radicale in Cgil
Il caso Gibelli sembra aver toccato i cuori di testate note per il cuore non certo tenero nei confronti dei diritti dei lavoratori. Il sospetto è che se al posto della Cgil ci fosse stata una qualsiasi altra azienda la notizia non sarebbe nemmeno entrata nei radar di quelle redazioni. Riassunto delle puntate precedenti: Massimo Gibelli, che fu portavoce e ufficio stampa di storici segretari e leader della Cgil, da Cofferati a Camusso, è stato licenziato dalla Cgil, “il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo”. Un caso che ha tutti gli ingredienti di una polpetta avvelenata. Eliana Como, portavoce dell’area Le Radici del Sindacato, l’area di sinistra nel sindacato, è stata tirata in ballo da uno dei giornali della galassia della destra governativa con alcune frasi virgolettate ma risalenti ad anni fa, quando si era opposta alla riorganizzazione della comunicazione Cgil. Ha accettato di rilasciarci questa intervista per chiarire e perché, come spiega «a questo punto -anche il silenzio rischia di essere strumentalizzato».
«Non sapevamo del licenziamento – esordisce Como – pensavamo che fosse stata una scelta consensuale, visto che a Gibelli manca molto poco alla pensione. Abbiamo letto come voi sulla stampa che non era così».
Entriamo subito nel merito: che cosa ne pensa?
Non sono mai stata d’accordo su un licenziamento in vita mia, tantomeno quello economico. Credo sia stato un errore.
Non dev’essere facile rompere il silenzio di fronte a un ecosistema mediatico sbilanciato
La discussione è partita fin dall’inizio in modo irresponsabile, generando come era prevedibile pettegolezzi, illazioni, dichiarazioni inverosimili. Da giorni, mio malgrado, sono tirata in ballo per dire cosa penso, anche con dichiarazioni mai rilasciate. Non spetta a noi spiegare cosa è successo, non siamo coinvolti nelle decisioni della segreteria e peraltro siamo tra i pochi che a suo tempo, 4 anni fa, nelle sedi opportune, spiegammo perché eravamo contrari alla riorganizzazione del settore comunicazione e alla soppressione del ruolo di portavoce. Ma, se ci viene insistentemente chiesto cosa pensiamo, non possiamo nemmeno continuare a non rispondere.
Tutto ciò rischia di offuscare l’avvio di una stagione di duro confronto con le controparti, governo e Confindustria?
Lo ripeto, quel licenziamento per noi è stato un errore, a prescindere dal fatto che non ci piace il modo in cui, senza alcuna accortezza, è stato dato in pasto ai media, per attaccare la Cgil proprio nel momento in cui inizia la mobilitazione in autunno.
Ma comunque questo non deve farci arretrare di un passo sulla nostra vertenza contro le leggi che hanno precarizzato il lavoro, aumentato la ricattabilità nei posti di lavoro, lo sfruttamento, la sicurezza nella prestazione lavorativa, leggi che vanno combattute tutte, a partire dal Jobs act. Sono certa che nelle assemblee nei posti di lavoro che stiamo facendo in queste settimane, saremo in grado di spiegare le nostre ragioni e l’importanza della nostra mobilitazione, fuori da polemiche evidentemente strumentali.