Se non muoiono per le bombe, esplose o no, i più piccoli rischiano di morire di fame, sete o malattie legate alle disastrose condizioni igieniche. Dalla nostra inviata a Gerusalemme
I bombardamenti israeliani dall’aria, dalla terra e dal mare continuano in gran parte della Striscia di Gaza, causando ulteriori vittime civili, sfollamenti e distruzione di case e altre infrastrutture non strategiche in particolare nell’area di Ash Shuja’iyeh di Gaza City e nell’area di Al Mawasi a Rafah. Gli scontri armati proseguono con attacchi da entrambe le parti in lotta. Da un lato continuano a essere segnalate incursioni di terra e pesanti combattimenti, in particolare a Beit Hanoun, Ash Shuja’iyeh e Rafah, ad opera dell’esercito israeliano, mentre sono stati segnalati anche lanci di razzi da parte di gruppi armati palestinesi verso Israele. Tra il pomeriggio del 27 giugno e quello del 1° luglio, secondo il Ministero della Sanità (MoH) di Gaza, 135 palestinesi sono stati uccisi e 631 sono stati feriti.
Il Site Management Working stima che, in una sola notte, quella del 27 giugno, circa 60.000-80.000 persone sono state sfollate dalle aree a est e a nord-est di Gaza City e si sono spostate verso ovest mentre circa 5.000 persone sono state sfollate dall’area di Al Mawasi di Rafah all’area di Al Mawasi di Khan Younis. Questi sono i dati dell’Humanitarian Situation Update 185, del primo luglio.
L’ultimo Humanitarian Situation Update, il 186, quello del 3 luglio, conteggia 37.953 uccisi (a cui si aggiungono 153 giornalisti e media workers) e di 87.266 feriti. Le persone costrette a lasciare la Palestina sono 1,9 milioni (di cui il 90% dalla striscia di Gaza e il resto dai West Banks), di queste 17.000 sono bambini non accompagnati. L’United Nation Office for the Coordinator of the Humanitarian Affairs ha lanciato un appello: un milione di bambini ha bisogno di cure mentali e supporto psicologico. Questa guerra è contro i bambini, ormai si sa.
Oltre alle bombe che cadono dal cielo si può morire anche per quelle rimaste a terra. I residuati bellici esplosivi e gli ordigni inesplosi (UXO), infatti, continuano a rappresentare un rischio significativo di lesioni o morte per le persone in tutta la Striscia di Gaza, in particolare per gli sfollati interni, per le persone che ritornano in aree che sono state bombardate o che hanno visto pesanti combattimenti e per i bambini. Ecco, di nuovo la guerra contro i bambini. Il 29 giugno, una palestinese di nove anni è stata uccisa e altre tre sono state ferite da UXO nell’area di Qizan An Najjar, a sud di Khan Younis. Il 5 giugno, sei bambini sono stati feriti dall’esplosione di un UXO vicino all’Università Al Aqsa, nella parte occidentale di Khan Younis. Il 31 maggio, un uomo sfollato e i suoi due figli sono stati feriti da un UXO in una scuola nel sud di Khan Younis, come ha riferito la United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East (UNRWA) il 28 giugno. L’UNMAS stima che oltre 37 milioni di tonnellate di detriti nella Striscia di Gaza contengano circa 800.000 tonnellate di amianto, altri contaminanti e UXO, notando che almeno il 10% delle munizioni sparate potenzialmente non funziona. Secondo la Global Cluster Protection, sono in corso sforzi per condurre valutazioni dei rischi di esplosione, dispiegare altri ufficiali addetti allo smaltimento degli ordigni esplosivi e sensibilizzare l’opinione pubblica sui rischi, nonostante una serie di sfide che impediscono l’aumento del lavoro di azione contro le mine, tra cui la mancanza di fondi, gli ostacoli amministrativi (ad esempio i visti ritardati), l’insicurezza e il rifiuto dell’ingresso di forniture critiche per l’azione contro le mine. Ricordate i “pappagalli verdi” nella guerra in Afghanistan? Titolo, tra l’altro di un libro capace di suscitare pari rabbia quanta emozione del mai troppo compianto Gino Strada.
I bambini. Quelli che a Gaza vivono, (ma soprattutto muoiono) e quelli che a Gaza sono ancora detenuti come ostaggi. Fra i 116 (dato aggiornato al primo luglio) ostaggi ancora nelle mani dei terroristi di Hamas, due sono bambini (nove sono stati liberati. Si tratta dei fratelli, Kfir, il più giovane ostaggio di Gaza, preso dalla sua culla durante il massacro al Kibbutz Nir Oz insieme alla sorella Ariel, di quattro anni. Lui Aveva otto mesi quando è stato rapito, ha compito il primo anno da prigioniero, cioè metà della sua vita l’ha passata nelle mani dei terroristi.
Se non muoiono per le bombe, esplose o no, hanno il serio rischio di morire di fame, di sete o per le malattie legate alle disastrose condizioni igieniche. Ecco, se questa è la drammatica situazione per i bambini normodotati, immaginate la condiziona in cui si trovano i bambini con disabilità, quelli che sono nati con qualche handicap o per quelli che sono diventati disabili a causa della guerra. Questi ultimi sono 5.000.
Per non essere tacciati di antisemitismo, cito la valutazione multisettoriale dell’UNICEF del marzo 2024 sulle condizioni di accessibilità ai 39 punti di rifugio e sostegno per bambini a Rafah: solo il 41% dei punti di distribuzione dell’acqua erano accessibili ai portatori di handicap e solo un terzo dei rifugi ha latrine erano inaccessibili alle persone con disabilità motorie. Il 29 giugno, il Settore di riabilitazione per le persone con disabilità della Rete delle ONG palestinesi (PNGO) ha osservato che lo sfollamento aggrava le sfide che le persone con disabilità devono affrontare, a causa della prevalenza di rifugi sovraffollati e non inclusivi, dove le donne con disabilità sono particolarmente vulnerabili al rischio di abusi. La PNGO ha aggiunto che si stima che circa 10.000 persone, metà delle quali bambini, siano diventate disabili dall’ottobre 2023. Chiedendo la loro urgente protezione, la PNGO ha avvertito che la distruzione degli ospedali e delle case di riposo è un problema che non può essere risolto neppure in parte in queste condizioni. Ecco le condizioni: è stato distrutto il 60% degli edifici residenziali e l’80% di quelli commerciali (dati della World Bank), il 65% delle strade (dato UNOSAT Operazione satellitare delle Nazioni Unite), 188 luoghi di protezione per la popolazione (dato UNRWA), 130 ambulanze (dato MoH Ministero della Salute palestinese). Delle 8 missioni umanitarie nel nord di Gaza che richiedevano l’intervento di Israele nei giorni dell’1 e 2 luglio, 6 sono state impedite e una cancellata, quindi solamente una, una su otto, è riuscita a giungere a destinazione portando gli aiuti destinati ai palestinesi sotto assedio.
Unica piccola buona notizia: il 30 giugno, la Società della Mezzaluna Rossa Palestinese (PRCS), in collaborazione con il Palestinian Agricultural Relief Committees e l’Atfaluna Society for Deaf Children, ha inaugurato il primo sito di accoglienza per sfollati con disabilità (PwD) a Deir al Balah. Sotto la supervisione di un’équipe specializzata della PRCS, questo sito ospiterà circa 100 famiglie e metterà a disposizione un supporto e servizi su misura per le PwD, tra cui programmi di soccorso, assistenza sanitaria, riabilitazione e sostegno psicologico. I PwD sono tra i gruppi vulnerabili della Striscia di Gaza che sono stati maggiormente colpiti dalle ostilità, dallo sfollamento, dalla mancanza di infrastrutture e da una serie di rischi per la sicurezza e la protezione.
I bambini e gli adolescenti con disabilità sono uno dei gruppi più vulnerabili di minorenni, uno dei più emarginati ed esclusi, particolarmente esposti a violenze e sfruttamento ed oggetto quotidianamente di forme di discriminazione multipla. Figuriamoci a Gaza.
https://www.sinistrainrete.info/estero/28445-francesca-albanese-in-italia-si-fa-disinformazione-su-gaza-rai-e-la7-non-mi-vogliono-perche-accuso-israele-di-genocidio.html
Le radici del male.